VITAMINA D E FERTILITÀ

La vitamina D 2 è presente negli alimenti di origine vegetale e viene assunta attraverso l’alimentazione; la vitamina D3 invece viene sintetizzata attraverso la pelle, grazie all’esposizione ai raggi solari, ed è presente nei prodotti di origine animale.

In entrambe le forme, la vitamina D svolge importanti funzioni biologiche: ecco quali sono le principali.

La vitamina D è alla base di importanti funzioni biologiche, così vitali per il nostro organismo da essere definita “para-ormone” (perché esercita la sua attività su organi e apparati, proprio in modo simile a un ormone). In primo luogo, è fondamentale per l’apparato scheletrico, poiché mantiene le ossa forti e sane, da un lato è necessaria alla loro formazione, dall’altro previene le fratture e l’osteoporosi.

Bassi livelli di vitamina D sono infatti strettamente correlati alla depressione, e spesso innescano gli attacchi di fame compulsiva tipica della depressione reattiva.

In più, favorisce la produzione di leptina, un ormone coinvolto nella regolazione del metabolismo lipidico e del consumo energetico, che attenua lo stimolo della fame.

QUALI SONO GLI ALIMENTI RICCHI DI VITAMINA D?

Nel mondo vegetale, invece, la vitamina D scarseggia ed è sempre presente come forma D2. Le fonti migliori in questo caso sono la frutta secca (mandorle, noci) , funghi e fagioli.

QUALI SONO LE CONSEGUENZE DI UNA CARENZA DI VITAMINA D?

La carenza di vitamina D colpisce soprattutto le persone che non si espongono a sufficienza alla luce solare, come le popolazioni dei Paesi nordici dove il sole scarseggia, ma possono soffrirne anche i bambini che non giocano abbastanza all’aperto, o gli adulti che passano molte ore al chiuso, le donne in menopausa perché sintetizzano meno vitamina D, e in particolar modo, gli anziani che perdono l’abitudine di uscire di casa.

CHE INCIDENZA HA SULLA FERTILITÀ?

Nell’uomo i recettori (porte di accesso) per la Vitamina D sono stati ritrovati anche all’interno dei testicoli confermando che la sua integrazione migliora la qualità spermatica, incrementa lo sviluppo sano del nucleo dello spermatozoo, aumenta i livelli di testosterone, che a loro volta incrementano il desiderio sessuale e la produzione spermatica, migliorando condizioni di oligospermia (ossia bassa concentrazione degli spermatozoi nel liquido seminale).

Nelle donne si è visto che in presenza di cicli anovulatori (ossia senza ovulazione) l’integrazione della Vitamina D ripristina la normale funzionalità ovarica, in particolare è stato riscontrato un deficit della Vitamina D soprattutto nelle donne con PCOS, sindrome dell’ovaio policistico, evidenziando che l’integrazione con la Vitamina D permette di regolarizzare il ciclo mestruale, la glicemia e la secrezione insulinica e nelle donne con scarsa riserva ovarica permette di migliorare il valore dell’AMH, che spesso risulta basso a causa di bassi livelli di Vitamina D.

Gli ultimi studi scientifici evidenziano una stretta correlazione tra la Vitamina D e il sistema immunitario, perciò non solo è fondamentale in condizioni patologiche di autoimmunità soprattutto nel primo trimestre di gravidanza in cui un’iperattività del sistema immunitario può determinare un vero e proprio rigetto dell’embrione.

Inoltre altri studi evidenziano la presenza della Vitamina D nel liquido follicolare che nutre e permette lo sviluppo degli ovociti nelle ovaie, l’integrazione dunque migliorerebbe anche le possibilità di impianto.

Tali evidenze scientifiche rendono necessaria l’integrazione della Vitamina D *dopo analisi del sangue per valutare comunque i livelli, che se alti possono essere anche tossici* prima di iniziare un percorso di PMA o se si è in cerca di una gravidanza, in modo da raggiungere almeno un livello sufficiente pari a 30 ng/mL e fino ad arrivare al valore di 50-60 ng/mL.

Ovviamente anche integrando è fondamentale bilanciare la produzione delle vitamine mediante l’alimentazione o valutando anche l’integrazione della Vitamina K2 e del magnesio.

Dunque, è importante integrare la Vitamina D in quanto bassi livelli sono causa di aborti ricorrenti, di continui insuccessi nei percorsi di PMA, aumentato rischio di pre-eclampsia e disfunzioni a carico della placenta.

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