COS’E’ L’INFERTILITÀ?

L’infertilità è considerata dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) una patologia. Per infertilità si intende l’assenza di concepimento dopo 12/24 mesi di rapporti mirati non protetti.


Il fenomeno dell’infertilità secondo le diverse stime disponibili riguarda circa il 15% delle coppie. Le cause dell’infertilità, sia femminile che maschile, sono numerose e di diversa natura. La letteratura medica sottolinea il ruolo significativo di fattori sociali dovuti a fenomeni complessi come lo stile di vita, la ricerca del primo figlio in età tardiva (molto importante l’età della donna), l’uso di droghe, l’abuso di alcool, il fumo, le condizioni lavorative, l’inquinamento.

In molti casi, come per esempio nell’obesità o nelle infezioni, l’informazione e la prevenzione possono fare molto. In altri casi, come nell’endometriosi, sono essenziali la diagnosi precoce e cure adeguate e tempestive. Se l’infertilità rimane anche dopo un iter diagnostico e terapeutico esauriente, è possibile rivolgersi alle tecniche di procreazione medicalmente assistita.

Fattori comuni di infertilità

Problemi di peso.

Può sembrare strano, eppure il peso (sia l’obesità che l’eccessiva magrezza), può condizionare la fertilità. I dati epidemiologici confermano che l’obesità e l’eccessiva magrezza sono causa, entrambe, del 6% dell’infertilità primaria, ovvero del 12% dell’infertilità totale. Questo vuol dire che, nella maggior parte dei casi (il 70%) se il peso torna normale, anche la fertilità viene recuperata. E’ importante quindi che chi è infertile e ha problemi di peso, prima di sottoporsi a terapie per l’infertilità invasive e impegnative (anche dal punto di vista economico), recuperi il proprio peso-forma: spesso è sufficiente. Ma perché il peso influenza l’infertilità? Una spiegazione sta nel fatto che un’alterazione nella produzione degli ormoni steroidei interferisce con la regolazione centrale (ipotalamica-ipofisaria) del ciclo e questo può determinare una riduzione numerica delle mestruazioni fino all’amenorrea. Nelle riserve di grasso del corpo è presente un ormone (androstenedione) che può dare origine all’estrone in modo continuativo. La presenza continuativa e non ciclica, come nella norma, di estrone determina un’alterazione della regolazione centrale delle mestruazioni. Più si ingrassa e più aumenta la quantità di androstenedione, fino a scompensare la funzione riproduttiva. Le donne obese hanno quindi un eccesso di estrogeno, mentre, al contrario, le donne sottopeso hanno un deficit di estrogeno, ma entrambe le condizioni portano a cicli riproduttivi irregolari. 

Nelle donne obese si osserva, inoltre, l’alterazione metabolica dell’insulinoresistenza, che è spesso associata alla sindrome dell’ovaio policistico (le ovaie presentano una micropolicistosi dei follicoli: i follicoli continuano a produrre estrogeni in modo costante senza permettere il verificarsi delle condizioni che portano all’ovulazione). Questa sindrome non è caratteristica solo dell’obesità, naturalmente, tuttavia è presente nel 40-50% delle donne obese. Inoltre, gli eccessivi livelli di insulinemia ed un ridotto metabolismo dello zucchero (cui è deputata l’insulina) aumentano il rischio di sviluppare diabete gestazionale o di tipo II cioè che permane anche dopo la gravidanza. La perdita di peso ripristina la funzione ovulatoria e con essa la fertilità.

Le donne sottopeso (con meno del 22% di grasso corporeo) soffrono, invece, di una condizione nota come anemorrea ipotalamica dovuta ad una alterazione della regolazione centrale del ciclo per cause psicogene (anoressia mentale) o per un’intensa attività sportiva. Anche in questo caso recuperare almeno il 90% del peso-forma significa tornare ad essere fertili, anche se in una percentuale più bassa rispetto alle donne obese (resta, infatti, un 13-30% dei casi in cui l’incidenza di altri fattori-ansia o disordini alimentari- ostacola il recupero della funzione ovulatoria). E’ molto importante sapere che una intensa attività fisica (come lo sport o la danza classica) porta ad un ritardo del menarca nelle adolescenti. Tutti i caratteri sessuali secondari, crescita del pelo pubico, sviluppo del seno, mestruazioni e ovulazione, sono inibiti finché le adolescenti non interrompono l’attività fisica stressante e non riprendono peso. Un primo segnale importante, anche per i genitori, è l’irregolarità nei cicli mestruali fino all’anenorrea (durata, intensità e periodicità). Successivamente, la progressiva diminuzione della produzione di estrogeni, porta a una riduzione delle secrezioni vaginali (perdita di muco chiaro a metà ciclo che è segno dell’ovulazione in atto), e ad una riduzione del volume del seno. Si notano secchezza vaginale e perdita di interesse sessuale.

Le adolescenti obese, invece, hanno un menarca precoce. L’obesità, che è dovuta spesso ad una alimentazione fatta di cibo-spazzatura, influisce sullo sviluppo sessuale. Il grasso corporeo tende ad accumulare estradiolo e questo induce lo sviluppo sessuale. Progressivamente, dopo un esordio normale, con l’aumentare di peso, i cicli diverranno sempre più irregolari fino ad uno scompenso nella funzione riproduttiva nel giro di pochi anni. I genitori devono prestare attenzione ai primi segnali di irregolarità nelle mestruazioni delle loro figlie. Infatti, le donne obese hanno cicli irregolari, con flusso abbondante e prolungato (la causa è l’aumentata produzione di estrogeni). Inoltre spesso possono avere crescita di peli sull’addome, sul viso e tra i seni (la causa è l’aumentata produzione di androstenedione e testosterone, un debole ormone maschile). Anche per gli uomini l’obesità è un fattore di rischio per l’infertilità. E’ stato dimostrato che uomini sovrappeso o obesi hanno un minor numero di spermatozoi normali e motili, rispetto agli uomini con peso nella norma. Inoltre, l’obesità può avere un effetto indiretto sulla funzione erettile in uomini con problemi di cuore o diabetici (Fonte: American Society for Reproductive Medicine).

Purtroppo, convincere le donne sottopeso che la loro forma fisica – spesso considerata ideale e frutto di sacrifici- è la causa dell’infertilità non è sempre facile. D’altra parte, informare una donna obesa che spesso ha già tentato inutilmente di dimagrire, che il perdere peso è determinante per recuperare la fertilità, può avere un effetto demotivante o depressivo. L’obesità diventa, infatti, un ulteriore ingiusto ostacolo alla fertilità, vissuto inoltre con senso di colpa. In entrambe le situazioni un corretto approccio di counseling, come previsto dalle linee guida ministeriali sulla Procreazione medicalmente assistita, può contribuire in modo decisivo ad affrontare correttamente il disagio. 

Il fumo

Fumare rende meno fertili. Le fumatrici hanno tassi di infertilità più alti, una fecondità (possibilità di concepire per ciclo) ridotta, e impiegano più tempo a concepire (in genere più di un anno). Il fumo, infatti, è dannoso per le ovaie femminili, e la gravità del danno dipende da quante sigarette e da quanto tempo una donna fuma: è, cioè, direttamente correlata alla dose di fumo assunta (in ogni caso, occorre tener presente che lo standard di riferimento delle ricerche è in genere di 20 o più sigarette al giorno, ma effetti negativi per la fertilità sono stati riscontrati anche con 10 sigarette al giorno). La riduzione della fertilità nelle donne fumatrici sembra essere dovuta all’interferenza delle sostanze tossiche contenute nel fumo con la maturazione degli ovociti. La nicotina (o meglio la cotinina, il suo metabolita) e il benzopirene, un noto cancerogeno, che vengono assorbiti attraverso il fumo vanno a finire anche nel liquido follicolare e nelle cellule granuloso-luteiniche (nell’ovaio). Sono state trovate, con concentrazioni variabili a seconda del numero di sigarette fumate, nel 100% delle pazienti sterili fumatrici sottoposte a fecondazione assistita. Anche il fumo “passivo” ha una notevole incidenza: la cotinina è presente in un’alta percentuale di donne non fumatrici e con partner non fumatore che hanno assunto fumo passivamente negli ambienti di lavoro.

Il fumo, inoltre, ha conseguenze negative anche sull’andamento della gravidanza e sul benessere del feto e del neonato. E’ associato ad un aumento di aborti spontanei, al rischio di parti pretermine, di gravidanze extrauterine (rischio relativamente elevato in chi fuma più di 20 sigarette al giorno), alla nascita di bambini con peso più basso (circa 200 grammi in meno con fumo attivo e 80 con fumo passivo), e, infine, ad un incremento del rischio di mortalità perinatale. Il monossido di carbonio e la nicotina, infatti, sono in grado di attraversare la placenta: questo determina un minor apporto di ossigeno e una riduzione della circolazione utero-placentare. L’esposizione alla nicotina durante la vita fetale, inoltre, avrebbe un effetto negativo sulla regolazione della respirazione nel sonno nel neonato, causandone la morte improvvisa (SIDS-sindrome della morte improvvisa del neonato).

Purtroppo, però, benché la correlazione tra fumo e infertilità sia indubitabile, è quasi impossibile valutarne l’importanza in senso assoluto. Spesso, infatti, sono contemporaneamente presenti anche altri fattori come lo stile di vita, le abitudini alimentari (soprattutto carenza di vitamine, aminoacidi e acidi grassi essenziali), consumo elevato di caffè, noncuranza rispetto ad alcune fondamentali regole igieniche, ecc., che hanno a loro volta una notevole incidenza sull’infertilità. Per avere una stima precisa del danno causato dal fumo, occorrerebbe conoscere la fertilità che avrebbero avuto le donne fumatrici se non avessero fumato, cioè diciamo così in “condizioni normali”, ma questo naturalmente non è possibile. Tuttavia pur con questi limiti, si è stimato che il 13% dell’infertilità femminile è causato dal fumo. Questa infertilità è del tutto reversibile: smettere di fumare riporta la fertilità -se non dovuta ad altre cause- a livelli normali. Inoltre, le coppie che già soffrono di infertilità, devono sapere che fumare riduce la possibilità di successo di una tecnica di procreazione medicalmente assistita. 

Spiegazione biologica: studi condotti su animali hanno dimostrato che i componenti del fumo (come cadmio, benzopirene e nicotina) aumentano il tasso di distruzione follicolare con perdita precoce della funzione riproduttiva e interferiscono con la meiosi, ovvero il processo di duplicazione cellulare. Proprio la distruzione follicolare sembra essere causa dell’anticipo della menopausa, di circa un anno e mezzo, nelle donne fumatrici. I dati resi disponibili dalla fecondazione assistita, inoltre, confermano un’alta frequenza, nelle donne fumatrici, di ovociti diploidi (con 46 cromosomi invece di 23). Il fumo, quindi, diminuisce la riserva di ovociti e causa la riduzione della fertilità: le donne fumatrici infertili sottoposte a stimolazione ovarica hanno bisogno di una maggiore somministrazione di gonadotropine per produrre ovociti. I cicli annullati o che vanno a vuoto (in cui non c’è fecondazione) sono di più, gli ovociti recuperati nei cicli non annullati sono di meno, aumentano gli aborti spontanei, il numero complessivo di gravidanze è più basso (è ridotto del 34%). In sintesi, è ridotta la riserva di ovociti, la risposta alla stimolazione ovarica, il numero di ovociti recuperati per ciclo, il numero di fertilizzazioni per ciclo. Gli effetti peggiorano con l’aumentare dell’età.

Il fumo incide anche sulla fertilità maschile. Diversi studi hanno dimostrato che il fumo ha effetti negativi sulla spermatogenesi (processo di produzione di spermatozoi) sulla concentrazione di spermatozoi nel liquido seminale, sulla loro motilità, vitalità e morfologia. Le sostanze tossiche contenute nel fumo possono provocare alterazioni genetiche negli spermatozoi che impediscono allo zigote di svilupparsi in modo normale: nelle coppie in cui solo il partner maschile è fumatore si è osservata una riduzione del numero di concepimenti e aumento del numero di aborti spontanei. Quante più sigarette si fumano, tanto più diminuiscono gli spermatozoi (nei forti fumatori la riduzione è in media del 22%) e aumenta il rischio di danni al DNA.

Una valutazione conclusiva dell’effetto complessivo sulla fertilità maschile è resa però difficile dal fatto che spesso sia pur diminuiti, i valori dei fumatori (densità, motilità e morfologia degli spermatozoi) restano nella media. Il criterio di valutazione più preciso è quello della capacità fecondativa dello sperma in sé, che tuttavia non è sempre disponibile. Smettere di fumare, in ogni caso, non può che avere effetti positivi sulla fertilità, sia perché il fumo del partner espone la donna al fumo passivo, sia in considerazione delle numerosissime conseguenze negative dirette per la salute maschile, sia, non ultimo, in considerazione delle alterazioni spermatiche. Per le coppie che già hanno difficoltà procreative, il fumo rappresenta un ulteriore ostacolo al successo riproduttivo. (Fonte: American Society for Reproductive Medicine).

Infezioni

Anche le flogosi (infiammazioni) dell’apparato genitale femminile costituiscono un grave problema per la riproduzione. Responsabili sono le infezioni causate da malattie a trasmissione sessuale come la Sifilide o la Gonorrea, e ancora più insidiosa, perché asintomatica e diffusissima, la Chlamydia (causata da un microorganismo). Queste infezioni, che si localizzano nella cervice uterina e nella vagina, rendono spesso dolorosi i rapporti sessuali, alterano l’equilibrio chimico della vagina e hanno un effetto tossico sugli spermatozoi. Anche altri germi possono causare danni ai genitali interni femminili. Ad esempio, tutte le manovre che interessano la cavità uterina (revisioni di cavità, aborti clandestini, dispositivi intrauterini -IUD-) possono essere la via per il verificarsi di una infezione addominale. Se l’infezione risale le vie riproduttive femminili può causare la cosiddetta PID (Pelvic Inflammatory Disease), con la possibilità che vengano occluse le tube (nel 50% dei casi dopo la terza volta che si manifesta la malattia). La Chlamydia è responsabile di circa il 50% delle infiammazioni pelviche: il rischio è quindi maggiore rispetto alle altre malattie veneree ed inoltre, essendo la Chlamydia molto più diffusa, si contrae più frequentemente. Il rischio di infertilità dovuta a occlusione tubarica, ricorre in circa il 12% delle donne che hanno avuto anche un singolo episodio di salpingite (il rischio raddoppia quasi ad ogni ricaduta). Basta un ritardo nel trattamento anche di soli tre giorni dai primi sintomi di salpingite -dolori all’addome- per triplicare il rischio di danno tubarico.

La Chlamydia, la malattia infettiva più diffusa al mondo, è, come dicevamo, del tutto asintomatica nella maggior parte dei casi (fino all’85-90%) e colpisce soprattutto donne molto giovani sessualmente attive (dai 15 ai 21 anni). L’assenza di sintomi fa sì che le adolescenti possano non accorgersi dell’infezione anche per 10 o 15 anni, lasciando tutto il tempo al microorganismo di colpire anche l’endometrio e le tube di Falloppio causando sterilità. Secondo dati americani, addirittura il 50% delle donne sessualmente attive ha nel sangue gli anticorpi specifici sviluppati dal sistema immunitario per combattere l’infezione, il che significa che moltissime donne hanno già avuto la malattia, oppure, in una percentuale minore, hanno l’infezione in corso al momento del test.

Per fortuna, i test oggi disponibili per la Chlamydia sono molto affidabili, sicuri (99%) e non invasivi (esame urine). Tutte le donne che hanno infiammazioni dell’uretra, della cervice, dell’endometrio o salpingiti, dovrebbero sottoporsi al test. Spesso la Chlamydia si manifesta insieme alla Gonorrea. Le donne positive alla Gonorrea, o con partner con Gonorrea o altre infezioni all’uretra, dovrebbero quindi sottoporsi al test. Il trattamento è semplice e sicuro: basta una settimana o poco più di antibiotici. Trattare la Chlamydia e la Gonorrea significa ridurre il rischio di infertilità. La prevenzione dell’infiammazione pelvica e delle sue conseguenze sulla fertilità è quindi possibile ed efficace, soprattutto se precoce e se riesce a coinvolgere le adolescenti. I test andrebbero fatti periodicamente perlomeno sulle categorie più a rischio (donne che presentano già segni di infiammazione delle vie riproduttive, adolescenti, donne che hanno più partner sessuali): dove questa politica sanitaria è stata attuata, come nel Wisconsin (USA) e in Svezia, i casi di Chlamydia si sono dimezzati. 

La Chlamydia è un fattore di rischio anche per la fertilità maschile. Causa, infatti, uretrite, epididimite e prostatite che sono importanti fattori di infertilità. L’infezione dei vasi deferenti o dell’epididimo può causare stenosi (restringimento) parziale o completa delle vie escretrici, con conseguente alterazione della qualità dello sperma o oligozoospermia. Infatti, il test per la ricerca della Chlamydia si è rivelato positivo in una significativa percentuale di maschi infertili (i dati variano molto però da studio a studio). La ricerca di anticorpi specifici, per esempio, è risultata positiva nel 50-70% dei casi. La Chlamydia può provocare alterazioni nella testa degli spermatozoi e ridurre la reazione acrosomiale, mentre si ipotizza anche che possa indurre la produzione di anticorpi-antisperma. I testicoli, infine, rappresentano un serbatoio naturale di germi che vengono ripetutamente trasmessi alla partner, causando continue infezioni. Oltre alla Chlamydia, naturalmente, diversi altri virus e batteri comuni alterano la struttura, la motilità o la produzione di spermatozoi o causano prostatite e uretrite. Inoltre, le infezioni possono causare complicazioni nelle procedure di fecondazione assistita. (Fonte: American Society for Reproductive Medicine).

Gli steroidi anabolizzanti e il fenomeno del doping

L ’uso di steroidi anabolizzanti merita un particolare rilievo. Gli steroidi anabolizzanti sono derivati sintetici del testosterone modificati al fine di stimolare il metabolismo proteico con incremento della forza e massa muscolare e riduzione della massa grassa. Per ottenere questo risultato in misura soddisfacente per il body-building e per avere un effetto dopante nello sport, si assumono dosi molto superiori (fino a 100 volte superiori) rispetto a quelle suggerite per uso terapeutico. L’uso di steroidi anabolizzanti, specialmente ad alte dosi e/o per lunghi periodi di tempo, è associato ad un gran numero di effetti collaterali di tipo sia fisico che psichiatrico. Gli effetti dovuti all’attività androgenica che si manifestano sui caratteri sessuali sono: inibizione della sintesi di testosterone che può portare a gravi scompensi metabolici e infertilità maschile dovuta ad azoospermia. Sono oramai note anche ulteriori conseguenze di carattere sessuale come: crescita del seno, voce “bianca” da castrato, atrofia dei testicoli, ipogonadismo (effetti dovuti agli estrogeni non controbilanciati dalla produzione androgenica testicolare). Nelle donne vi è un effetto di mascolinizzazione -anche irreversibile- con irregolarità mestruali, riduzione del seno, acne, aumento della peluria, voce virile, calvizie (la virilizzazione riguarda anche il feto femminile). Per fortuna, però, nonostante la notevole persistenza dell’effetto (azoospermia anche un anno dopo che si è smesso l’uso di steroidi anabolizzanti) l’infertilità maschile non è del tutto irreversibile. Studi recenti hanno dimostrato che la somministrazione di gonadotropine anche solo per tre mesi, può ripristinare la produzione di spermatozoi.

Spiegazione biologica. Gli steroidi anabolizzanti androgeni sono un derivato sintetico del testosterone, il più importante ormone maschile. Gli androgeni (ormoni maschili) hanno un ruolo cruciale nello sviluppo dell’apparato riproduttivo maschile (epididimo,vasi deferenti, vescicole seminali, prostata e pene) e nello sviluppo puberale: sono quindi determinanti per la fertilità e la sessualità maschile. Il testosterone viene secreto dalle cellule di Leydig che si trovano nei testicoli ed è necessario per la spermatogenesi. L’assunzione di steroidi anabolizzanti inibisce la produzione di testosterone da parte delle cellule di Leydig e, di conseguenza, causa una insufficiente spermatogenesi. La presenza nel sangue di testosterone, sia pure artificiale, inibisce la produzione di testosterone da parte delle cellule di Leydig per un meccanismo di autoregolazione ormonale. Del resto, la somministrazione di testosterone al fine di sopprimere la spermatogenesi è il meccanismo su cui si basa la recente contraccezione maschile (il cosiddetto“pillolo”). Poiché gli steroidi anabolizzanti sono un derivato del testosterone, anche il loro uso produce lo stesso effetto. Questo è il motivo per cui doparsi causa infertilità. Viceversa, è importante sapere che se si è costretti a sottoporsi a trattamenti citotossici (chemioterapie) o a terapie con irradiazioni, sopprimere temporaneamente la produzione di testosterone nei testicoli potrebbe essere la via per prevenire un danno irreversibile alle cellule staminali spermatogoniche.

Oltre che causa di infertilità, gli steroidi anabolizzanti hanno conseguenze gravi anche per la salute in genere. E’ oramai comprovata una maggiore frequenza di infarto del miocardio e di ictus: infatti l’uso di steroidi può influenzare negativamente il profilo lipidico ed ematico determinando una predisposizione a patologie di tipo cardiocircolatorio. Sono noti i seguenti effetti collaterali: ipertensione, arteriosclerosi, emboli, ittero, neoplasie epatiche, carcinomi, danneggiamento dei tendini. 

Infine, sono dimostrati effetti di tipo psichiatrico -aggressività che può giungere fino a generare episodi di violenza (in dosi intorno a 1000 mg di testosterone a settimana) o, al contrario, depressione e apatia- e disturbi del comportamento, tra cui la stessa dipendenza dai prodotti anabolizzanti. Il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-IV) definisce gli steroidi anabolizzanti “sostanze che a volte producono un senso iniziale di benessere (o anche euforia), cui si sostituisce, dopo l’uso ripetuto, carenza di energia, irritabilità ed altre forme di disforia. L’uso continuativo di queste sostanze può condurre a sintomi più gravi (sintomatologia depressiva) e a condizioni mediche generali (malattie del fegato)”. Per i genitori è molto importante sapere che, come per le altre droghe, il meccanismo di avvio all’uso di steroidi si basa sulla competizione e simulazione del comportamento dei compagni, in questo caso ammirati per la forma fisica e per la sicurezza psicologica che ne deriva. Del resto, tra gli adolescenti l’uso di steroidi anabolizzanti è spesso unito al consumo di droghe “classiche” e come queste dà dipendenza, con fenomeni di crisi di astinenza. Il danno che ne deriva è molto grave, non ultimo sullo sviluppo corporeo: è noto infatti che gli steroidi anabolizzanti, se assunti in dosi significative in età prepuberale, possono causare arresto della crescita corporea dovuta ad una prematura chiusura delle cartilagini epiteliali. 

EndometriosiL’endometriosi è una malattia diffusa, e una delle cause più comuni di sterilità. In Italia soffrono di endometriosi circa tre milioni di donne, che spesso arrivano ad una diagnosi certa dopo diversi anni, quando presumibilmente la malattia si è aggravata. Ma che cos’è l’endometriosi? L’endometrio è il tessuto che riveste la superficie interna dell’utero. Ogni mese cresce e se non è avvenuta nessuna fecondazione, si sfalda dando luogo alle mestruazioni. Nell’endometriosi del tessuto simile all’endometrio si forma all’esterno dell’utero e nella maggior parte dei casi si diffonde nell’area dell’apparato riproduttivo femminile (ovaio, tube di Falloppio, legamenti dell’utero, area tra vagina e retto), ma è stato trovato anche sui genitali esterni (vagina, cervice e vulva) e sugli altri organi interni. La spiegazione che sembra più probabile è quella della cosiddetta “mestruazione retrograda”: durante le mestruazioni parte del sangue e delle cellule dell’endometrio in esso contenute risalgono le tube e da lì escono invadendo la cavità peritoneale, dove attecchiscono e proliferano (importanti sembrano essere, però, anche i fattori genetici e ambientali). Come l’endometrio, questo tessuto è modulato dagli ormoni prodotti dall’ovaio (in particolare gli estrogeni) per cui cresce e si sfalda ciclicamente. Non può però uscire dal corpo attraverso la vagina come nelle normali mestruazioni, per cui il sangue e le cellule endometriali in esso contenute, ristagnano generando una infiammazione cronica degli organi su cui il tessuto è cresciuto. Se le formazioni proliferano producono aderenze che irrigidiscono gli organi e ne impediscono il funzionamento: questo è il motivo per cui se sono colpiti gli organi della riproduzione (es. ovaio e tube), l’endometriosi causa l’infertilità. 

Il sintomo più comune è il dolore correlato alle funzioni degli organi interessati – dolore in prossimità delle mestruazioni (ma anche prima e dopo), durante l’ovulazione, durante e dopo i rapporti sessuali, durante la defecazione e la minzione- oppure continuativo (cronico) alla pelvi. E’ importante consultare il ginecologo e, in caso di sospetto diagnostico, è bene sottoporsi ad una laparoscopia. Solo con l’analisi del tessuto prelevato grazie a questo esame, infatti, è possibile avere certezza della diagnosi di endometriosi. La diagnosi clinica è più difficile anche per il fatto che sintomi sono indistinguibili da quelli tipici dell’intestino irritabile o dell’infiammazione pelvica (motivo per cui spesso l’endometriosi viene diagnosticata tardi). La laparoscopia inoltre può diventare una terapia essa stessa, in quanto con un piccolo intervento endoscopico si possono asportare le formazioni endometriosiche senza intaccare gli organi. Questo intervento aumenta la fertilità – soprattutto nel caso in cui vi sia minor compromissione e in cui si possa ripristinare anche la normale anatomia degli organi riproduttivi – e riduce il dolore, anche se non in modo definitivo perché la malattia può recidivare. L’intervento è meno efficace per la fertilità se lo stadio è più avanzato.

Curare l’endometriosi migliora anche le possibilità di successo della PMA. Se l’endometriosi è lieve o moderata è consigliata la IUI (inseminazione intrauterina). Però se è compromessa la funzione tubarica, se altri trattamenti hanno fallito, o in presenza di fattore maschile, è consigliabile ricorrere alla FIVET (la percentuale di successo però è leggermente inferiore a quella di condizioni paragonabili come l’occlusione tubarica).

In ogni caso, diagnosticare tempestivamente l’endometriosi è possibile e necessario. Curare l’endometriosi, soprattutto nella fase iniziale, vuol dire tutelare la propria fertilità e il proprio benessere fisico e psicologico.

Per una consulenza personalizzata, puoi contattarmi sull’ email: info@fecondazione-salerno.it oppure sul seguente recapito telefonico: 3204046905.

COSA S’INTENDE PER RISERVA OVARICA?

La riserva ovarica definisce il numero di follicoli residuo nelle ovaie della donna in un determinato momento della sua vita.

Gli ovociti si formano solo durante la vita fetale e alla 20° settimana di vita intrauterina il numero dei follicoli si è già interamente costituito.

Da quel momento i follicoli cominciano un processo di inesorabile progressivo esaurimento.

Alla nascita molti ovociti sono già andati incontro ad apoptosi (la morte cellulare) e i follicoli primordiali sono presenti in numero variabile tra 700.000 e 1 milione : questo numero rappresenta la riserva ovarica di ogni donna . 

Fisiologicamente si assiste poi ad una progressiva riduzione numerica dei follicoli primordiali a causa di fenomeni degenerativi che ne determinano la perdita.

Nella donna adulta, il tasso di consumo di follicoli non è costante ma accelera con l’età.

Per cui già solo a 30 anni, residua nelle ovaie il 12% del patrimonio follicolare presente alla nascita. A 40 anni tale percentuale è abbattuta al 3%.

La riserva ovarica descrive due aspetti strettamente correlati tra loro: la quantità e la qualità degli ovociti.

Quantità: Il numero di follicoli presenti nell’ovaio è responsabile della durata della vita riproduttiva e determina l’età in cui una donna entrerà in menopausa a causa dell’esaurimento follicolare. Donne della stessa età possono avere una riserva ovarica molto diversa tra loro. Questo giustifica l’enorme variabilità dell’età alla quale si verifica la menopausa. Il “range di normalità” della menopausa va dai 40 ai 58 anni. La variabilità di 18 anni per questo evento fondamentale nella vita di una donna è quindi spiegata da un altrettanto spiccata variabilità nel numero di follicoli presenti nelle ovaie.

Qualità L’aspetto qualitativo, della riserva ovarica, è un concetto più difficile da misurare, in quanto correlato alla fertilità della donna, che resta un parametro di non facile misurazione. Alla fine della vita riproduttiva di una donna, quando la riserva ovarica è ridotta, giungono a maturazione ovociti di qualità peggiore. Secondo la cosiddetta teoria della “linea di produzione” (Henderson e Edwards, 1968), la qualità ovocitaria sarebbe stabilita nel corso della vita fetale e gli ovociti geneticamente e strutturalmente più stabili verrebbero resi disponibili nei primi anni della vita riproduttiva, mentre gli ovociti di bassa qualità verrebbero utilizzati durante gli ultimi anni.

Pertanto l’ invecchiamento anagrafico della donna sarebbe associato ad un contemporaneo invecchiamento degli ovociti , con la conseguenza che queste cellule perderebbero in parte la loro capacità di essere fecondati e di generare embrioni.

Le aneuploidie dei gameti (variazioni del numero di cromosomi) sono considerate il maggior ostacolo al successo riproduttivo. Che l’età della donna determini un aumento delle aneuploidie ovocitarie è dimostrato dal fatto che sia l’ abortività spontanea sia le aneuploidie del feto aumentano con l’invecchiamento della madre.

La fine dell’età fertile di una donna è scandita da alcuni eventi riproduttivi fondamentali: – la subfertilità dovuta all’invecchiamento – la comparsa delle irregolarità mestruali tipiche della premenopausa, – la menopausa.

Tali eventi sono tra loro in una relazione temporale pressochè costante, in particolare si ritiene che l’ingresso della donna nel periodo di subfertilità dovuta all’invecchiamento preceda di circa 10 anni l’età della menopausa. Questo implica che donne candidate ad una menopausa anticipata probabilmente saranno infertili prima delle loro coetanee. 

Le irregolarità mestruali tipiche della premenopausa cominciano a verificarsi in media 5 anni prima della menopausa, quando nelle ovaie residuano circa 1000 follicoli primordiali.

COME SI MISURA?

Misurare la riserva ovarica significa misurare il numero di follicoli primordiali che sono in rapporto costante con le classi follicolari superiori, quali i follicoli antrali (strutture anatomiche di alcuni millimetri di diametro). I follicoli antrali sono riconoscibili ecograficamente e sono molto attivi dal punto di vista ormonale, quindi oggi abbiamo a disposizione dei markers ormonali ed ecografici in grado di misurare la riserva ovarica (che corrisponde al pool dei follicoli antrali).

I markers ormonali sono:

· Dosaggio dei livelli basali di FSH

· Dosaggio dei livelli di AMH

Il marker ecografico è: AFC (conta dei follicoli antrali)

I dosaggi di FSH e l’ecografia transvaginale dovrebbero essere effettuati in 2°-5° giornata del ciclo mestruale mentre il dosaggio di AMH può essere effettuato in qualsiasi momento.

L’ormone anti- mulleriano (AMH) è una glicoproteina prodotta esclusivamente dalle cellule della granulosa dei follicoli preantrali e dei piccoli follicoli antrali (fino a che non raggiungono un diametro di 6-8 mm). 

L’AMH è quindi secreto nel liquido follicolare, si trova nel circolo ematico ed è pertanto dosabile.

La secrezione di AMH è costante durante il ciclo mestruale e quindi può essere misurato in qualsiasi giornata. 

Il numero dei piccoli follicoli antrali, che producono l’AMH, è direttamente correlato al numero dei follicoli primordiali. 

Con la diminuzione del numero dei follicoli antrali, che si verifica con l’invecchiamento, i livelli sierici di AMH diminuiscono e diventano pressoché indosabili vicino alla menopausa. 

Il dosaggio dell’AMH prima di intraprendere un percorso di fecondazione medicalmente assistita permette di predire la risposta ovarica alla stimolazione ormonale e quindi di scegliere la migliore strategia terapeutica. Il dosaggio dell’AMH permette inoltre di formulare una previsione sulla possibilità reale di ottenere una gravidanza.

FSH L’ormone follicolo stimolante (FSH) è stato il marker più utilizzato per determinare la riserva ovarica. L’FSH deve essere misurato eseguendo un prelievo di sangue in 2°-5° del ciclo mestruale. Il valore di FSH basale aumenta all’aumentare dell’età della donna. 

Nelle donne di età riproduttiva avanzata un valore di FSH basale superiore a 10 UI/ml ha un’ottima performance nella previsione di una cattiva risposta alla stimolazione ovarica in corso di cicli di fecondazione medicalmente assistita. Per alcuni autori un cut-off di 15 UI/ml risulta clinicamente più utile perchè, oltre a predire la risposta ovarica alla stimolazione ormonale, permette di predire, con una certa approssimazione, il successo o l’insuccesso riproduttivo dopo l’applicazione delle tecniche di fecondazione assistita. Valori elevati (>8-10 UI/ml) di FSH nelle donne intorno ai 40 sono un riscontro tutt’altro che raro.

Rilevare alti valori di FSH in donne giovani è sicuramente indicativo di ridotta riserva ovarica, tuttavia numerosi studi dimostrano che nelle pazienti giovani con ridotta riserva ovarica, la probabilità di gravidanza dopo fecondazione assistita risulta accettabile anche se ridotta rispetto alla media relativa alla popolazione di pari età.

Resta da chiarire se donne over 40 con livelli di FSH non elevati abbiano un successo riproduttivo migliore rispetto alle coetanee con FSH fisiologicamente più elevato. 

Il dosaggio dell’FSH ha molti limiti. In secondo luogo presenta una elevata variabilità intra ed interciclo, le variazioni dell’FSH tra un ciclo e quelli successivi possono essere superiori al 50%.

CONTA DEI FOLLICOLI ANTRALI La conta dei follicoli antrali (AFC) si attua con l’ecografia transvaginale. AFC è uno dei marker di riserva ovarica più impiegati nella pratica clinica . I follicoli visualizzati e misurati con un’ecografia transvaginale che hanno un diametro compreso tra i 2 e i 10 mm, sono chiamati follicoli antrali. Il numero dei follicoli antrali rilevabili ecograficamente è correlato, a tutte le età, al numero dei follicoli primordiali presenti nell’ovaio.

All’aumentare dell’età, la diminuzione del numero dei follicoli primordiali comporta una contemporanea riduzione dei follicoli antrali.

A CHI SI CONSIGLIA?

A tutte le donne La valutazione della riserva ovarica nelle donne senza problemi noti di infertilità può essere utile per conoscere il proprio potenziale fertile. La riserva ovarica permette di predire, con una certa approssimazione, l’età della menopausa e l’età di passaggio dal periodo fertile a quello subfertile. Una donna giovane con una riserva ovarica ridotta dovrebbe evitare di programmare una gravidanza in età riproduttiva avanzata perchè le possibilità di ottenerla saranno inferiori rispetto alle coetanee con una buona riserva ovarica.

Alle donne con problemi di fertilità In una donna con problemi di fertilità risulta fondamentale effettuare una valutazione della riserva ovarica prima di sottoporsi ad un trattamento di fecondazione medicalmente assistita. 

La valutazione della riserva ovarica ha una forte correlazione con il numero di ovociti recuperati in seguito al trattamento di stimolazione ovarica e permetterebbe quindi l’individuazione di una strategia terapeutica adatta alla paziente. 

Donne con una riserva ovarica insufficiente sono candidate a rispondere alla stimolazione in maniera inadeguata, con basse possibilità di ottenere una gravidanza. Questo è primariamente dovuto alla sua relazione con il numero di ovociti raccolti, poichè, a qualsiasi età, le donne con una buona riserva ovarica sono candidate alla raccolta di un maggior numero di ovociti e, di conseguenza, ad avere più embrioni disponibili per la selezione. 

Alle donne con patologie oncologiche Molte giovani donne trattate per il cancro non hanno figli e molte di queste desidererebbero averne uno negli anni che seguono la guarigione. 

Nonostante i dati riguardanti il rischio di insufficienza ovarica dopo i diversi regimi di chemioterapia e nelle diverse fasce di età, non si possono fare previsioni accurate sulla probabilità di perdere la funzione ovarica a livello individuale. In questo ambito conoscere la riserva ovarica prima di iniziare la chemioterapia garantirebbe alla donna una maggiore consapevolezza per affrontare le scelte che le si prospettano (iniziare subito la chemioterapia o prelevare e congelare gli ovociti. 

Per una consulenza personalizzata, puoi contattarmi sull’ email: info@fecondazione-salerno.it oppure sul seguente recapito telefonico: 3204046905.

I PERCORSI DIAGNOSTICI DELL’INFERTILITÀ MASCHILE

Per determinare uno stato di infertilità maschile vi sono tre momenti: l’anamnesi, l’esame obiettivo e lo spermiogramma.

Anamnesi

L’anamnesi familiare può darci indicazioni su condizioni di fertilità dei congiunti ascendenti e collaterali e sull’eventuale presenza di malattie che possono relazionarsi con l’infertilità.

L’anamnesi fisiologica e comportamentale deve indagare sulla pubertà, sulla fisiologia uro-genitale, sugli stili di vita (sport, tipo di lavoro, ecc.), su eventuali figli concepiti con la stessa partner o con altre, sulle esposizioni potenzialmente nocive (farmaci, sostanze chimiche, sostanze tossiche, radiazioni, alte temperature, assunzione di steroidi anabolizzanti ai fini di una migliore performance fisica, ecc.).

L’anamnesi patologica esplora possibili condizioni o eventi, pregressi o attuali, che possono influenzare la fertilità (criptorchidismo, varicocele, interventi chirurgici pelvici ed inguino-scrotali, patologie endocrine e metaboliche, malattie genetiche, sintomatologia riferibile a flogosi delle vie uro-genitali, patologie testicolari, traumi scrotali, neoplasie e trattamenti chemioterapici e radianti, assunzione di farmaci, ecc.). Considerati i tempi della spermatogenesi è utile porre domande su eventi o esposizioni (episodi febbrili, anche non riferibili alle vie urogenitali, traumi, terapie, ecc.) accorsi nei tre mesi precedenti l’esecuzione di uno spermiogramma.

Lo spermiogramma

L’esame del liquido seminale è l’indagine di laboratorio fondamentale e indispensabile nello studio del maschio infertile e consente di stabilire se il partner maschile di una coppia sterile o ipofertile debba essere effettivamente considerato portatore o meno di alterazioni.

Dall’esito di questa analisi, infatti, può dipendere la valutazione del benessere riproduttivo del maschio, in relazione alla presenza di patologie andrologiche da prevenire o da trattare e, ove possibile, guarire, l’istituzione e il monitoraggio di costose terapie ormonali, la decisione sull’utilità di terapie chirurgiche e la scelta sull’utilità della crioconservazione del seme in condizioni particolari ed infine, anche, l’avvio della coppia ad una tipologia di fecondazione assistita semplice o ad un’altra più complessa.

La diagnostica di secondo livello

I dati ricavati dall’anamnesi, esame obiettivo e spermiogramma possono essere sufficienti a far acquisire la consapevolezza dello stato di fertilità. Altre volte i dati sono utili ad indirizzare verso un sospetto diagnostico che potrà essere confermato o meno da indagini di secondo livello e che saranno richiamate nel corso della trattazione (ecografia, ecocolordoppler, esame genetico e consulenza genetica, TAC, RM, biopsia testicolare, venografia, ecc.).

Le cause dell’infertilità maschile e percorsi clinici

Le cause d’infertilità maschile sono diverse (anomalie urogenitali congenite o acquisite, infezioni del tratto urogenitale, varicocele, problematiche endocrine, anomalie genetiche, fattori immunologici, esposizioni lesive, postumi d’interventi, ecc.) e possono essere raggruppate in: cause endocrine, cause testicolari e cause delle vie spermatiche escretrici 3.

Bisogna tener presente che nel 60-75% dei casi non si riesce ad individuare la causa dell’infertilità (infertilità maschile idiopatica).

Cause endocrine

L’armonica funzione del sistema endocrino è un prerequisito essenziale per la normale fertilità maschile.

Qualsiasi alterazione della delicata interazione fra le componenti dell’asse ipotalamo-ipofisi-testicoli può determinare un ipogonadismo o altre condizioni che possono portare ad infertilità.

Le cause endocrine dell’infertilità maschile sono presenti nel 5% (0,6-9,7) circa dei maschi infertili .

Possono pertanto configurarsi quadri di ipogonadismo ipogonadotropo, insufficienza testicolare, deficit di 5-αreduttasi o resistenza androgenica.

Per ogni categoria di disordine è identificabile un meccanismo patogenetico, a seconda del livello di alterazione.

Azoospermie non ostruttive

Con il termine di azoospermia si indica l’assenza di spermatozoi nell’eiaculato, mentre possono essere presenti elementi della linea germinativa.

La diagnosi di questa condizione va posta avendo cura di verificare che la ricerca nel seme sia stata effettuata anche dopo la centrifugazione e necessita anche della ricerca di spermatozoi nelle urine post eiaculazione, per l’esclusione di una eventuale eiaculazione retrograda. Va fatta distinzione fra azoospermia da mancata produzione di spermatozoi (azoospermia secretoria o non ostruttiva, NOA), che è la condizione più frequente, da quella dovuta ad impossibilità degli spermatozoi di progredire per le normali vie seminali sino all’emissione (azoospermia escretoria o ostruttiva, OA); talvolta sono presenti entrambe le condizioni.

Va ricordato che la NOA non sempre coincide con l’assenza di spermatozoi nel testicolo, in quanto requisito minimo per la presenza di spermatozoi nell’eiaculato è che ci siano più di 4 spermatozoi maturi per tubulo seminifero.

Cause di azoospermia non ostruttiva

La diagnostica prevede, in prima battuta, il ricorso alla determinazione ormonale dell’FSH, LH, testosterone e, quando disponibile, dell’inibina B. In presenza di un normale volume testicolare, il quadro ormonale è frequentemente nella norma e l’iter successivo prevede l’indagine ecografica e lo screening genetico. Frequentemente si deve ricorrere alla biopsia testicolare che, nella stessa seduta, può permettere il recupero di spermatozoi da destinare all’ICSI (Intra Cytoplasmic Sperm Injection) o alla crioconservazione, o all’indagine citologica (FNAC) che ha il vantaggio di essere meno invasiva  ma non permette il congelamento del seme.

Nel caso di testicoli di volume ridotto: se vi è elevazione dell’FSH (con riduzione dell’inibina B), espressione di danno primitivo gonadico, va effettuata indagine ecografia e genetica; il riscontro di elevati livelli di solo LH con testosterone normale/ elevato è suggestivo per la mutazione del recettore degli androgeni, che può essere ricercata.

La negatività di queste indagini pone indicazione per il ricorso alla biopsia o al FNAC; la possibilità di reperire spermatozoi nel testicolo rende possibile il ricorso a metodiche di PMA di II-III livello se l’FSH, LH, testosterone e inibina B sono ridotti va ricercata un’eventuale eziologia ipotalamo-ipofisaria con tecniche di imaging e/o con indagini ormonali dinamiche. Questa condizione è suscettibile di trattamento con terapia medica.

Cause genetiche dell’infertilità maschile

Si stima che il 6-13% dei maschi infertili presenti anomalie cromosomiche, rispetto allo 0,6% della popolazione generale. Nei pazienti con azoospermia o grave oligospermia si hanno più anomalie cromosomiche (10-15%) rispetto gli infertili che hanno una densità spermatica nella norma (1%). Pertanto i pazienti con azoospermia non ostruttiva o severa oligospermia (< 5 milioni/ml) sono i maggiori candidati alle indagini genetiche .

Ad esempio la Sindrome di Klinefelter che è la causa più comune di infertilità da causa ormonale e si stima essere presente in 1 nato ogni 500-1000 maschi.

La forma classica presenta un cariotipo 47-XXY ed è causata dalla non disgiunzione durante la prima divisione meiotica, più comunemente di origine materna. Le forme a mosaico sono invece determinate dalla • non disgiunzione successivamente alla fertilizzazione. Il solo fattore di rischio conosciuto per questa sindrome è l’età avanzata della madre e l’infertilità è determinata da un’insufficienza testicolare primitiva che nella maggior parte di questi pazienti determina azoospermia.

Il profilo ormonale presenta livelli elevati di FSH ed LH mentre il 60% ha ridotti livelli di testosterone. All’esame fisico spesso si riscontra ginecomastia, testicoli piccoli ed un habitus tendenzialmente eunucoide dovuto a pubertà ritardata, mentre in alcuni soggetti l’aspetto è normale.

Questi pazienti presentano rischio più elevato di tumore mammario, di leucemia, di diabete mellito, di sindrome della sella vuota e di tumori ipofisari. L’istologia rivela ialinizzazione dei tubuli seminiferi e nel 20% dei casi residuano foci di spermatogenesi; il pattern XXY si osserva negli spermatogoni e spermatociti primari mentre molti spermatociti secondari e spermatidi hanno un pattern normale 13. Maschio XX I pazienti si presentano con bassa statura, testicoli piccoli, ginecomastia e pene normale.

I tubuli seminiferi sono in sclerosi. Maschio XYY Presente nel 0,1-0,4% dei maschi e caratterizzato da oligospermia o azoospermia determinato da gradi diversi di arresto germinativo.

Conosciuta è anche la Sindrome di Nooan o anche Sindrome di Turner maschile per l’analogia dei difetti con il quadro femminile, caratterizzato da pterigio al collo, bassa statura, ptosi, linfedema a mani e piedi, cubito valgo. Molti di questi pazienti sono infertili per insufficienza testicolare primitiva.

Note sono le Microdelezioni del cromosoma Y, la causa genetica più frequente dell’oligo/azoospermia.

Delezioni di sequenze specifiche del braccio lungo del cromosoma Y possono causare un parziale o totale fallimento della spermatogenesi.

Sono distinte in tre regioni chiamate Azoospermic Factor: AZFa, AZFb, AZFc. Le delezioni relative all’intervallo AZFa sono rare e di solito associate a fenotipo azoospermico con assenza completa dei spermatogoni.

Quelle relative all’AZFb sono solitamente associate ad arresto maturativo causando nei 2/3 dei casi azoospermia.

Le delezioni dell’intervallo AZFc, che coinvolgono soprattutto il gene DAZ, sono le più frequenti e associate a fenotipo azoospermico ma più frequentemente oligozoospermico, provocando alterazione del processo maturativo .

La frequenza di queste alterazioni presenta un range variabile in letteratura dall’1,5 al 18%  e la ricerca va effettuata in pazienti azoo/oligospermici con conta spermatica < 5 milioni di spermatozoi/ml.

I pazienti con la Sindrome di Down hanno vari gradi di riduzione delle cellule germinali con livelli di FSH ed LH generalmente aumentati.

Insensibilità del recettore per gli androgeni Sindrome legata al cromosoma X che porta a un difetto del recettore per gli androgeni, localizzato in Xq11-12.

Il quadro clinico è variabile da soggetti con gradi diversi di femminilizzazione fino alla sola infertilità.

Sono state riportate più di 300 mutazioni, la maggior parte puntiformi per sostituzione di amminoacidi.

È sospettabile quando a livelli di LH elevato si accompagnano livelli di testosterone normale/aumentato ed è stimato essere presente in percentuale variabile dal 2 al 3%  dei soggetti con azoospermia od oligospermia severa.

Per quanto concerne la Distrofia miotonica : è un difetto autosomico dominante caratterizzato da ritardato rilassamento della muscolatura dopo la contrazione; nel 75% è presente atrofia testicolare con normale patrimonio delle cellule di Leydig.

Frequente è anche la fibrosi cistica è la più frequente malattia autosomica recessiva nella popolazione caucasica; più di 900 sono le mutazioni del gene identificate. La condizione eterozigote si associa ad assenza bilaterale o unilaterale dei vasi deferenti con spermatogenesi solitamente normale 16.

Cause testicolari

Danno spermatogenetico primario Viene riferito alle condizioni di danno spermatogenico non dovuto ad alterazioni dell’asse ipotalamo-ipofisario e che comporta clinicamente un’azoospermia non ostruttiva. La prevalenza dell’azoospermia nella popolazione generale è di circa il 2%, mentre nei maschi infertili del 10-20%.

La molteplicità delle possibili cause porta a procedure diagnostiche di base (spermiogramma, esami ormonali) e ad altre specifiche orientate sul sospetto diagnostico. Nei maschi con NOA la biopsia testicolare, oltre ad avere un significato diagnostico, offre l’occasione per il recupero di spermatozoi per la crioconservazione o per l’iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo nella cellula uovo (ICSI).

Il varicocele

Il varicocele è un’ectasia dei vasi del plesso pampiniforme che drena il sangue venoso dal testicolo e dall’epididimo ed è assimilato ad uno sistema a scambio termico utile a mantenere bassa la temperatura intrascrotale e peri-testicolare. La parte del plesso anteriore al dotto deferente, la più cospicua e drenante il testicolo e la testa dell’epididimo è costituita da 5-6 tronchi venosi che accompagnano l’arteria testicolare; quella posteriore è costituita da 3-4 vene che provengono principalmente dalla coda dell’epididimo.  Insorge nel periodo adolescenziale-giovanile e ne è affetto il 15% circa dei maschi adulti, mentre si riscontra nel 25-40% dei maschi infertili .

Nella maggior parte dei casi è a sn., verosimilmente perché la vena spermatica confluisce nella vena renale sn. ad angolo retto (a dx. confluisce nella vena cava ad angolo acuto) ed, inoltre, per la maggior presenza a sn. di agenesie valvolari venose; un’altra ipotesi sarebbe l’azione compressiva esercitata dall’arteria mesenterica superiore sulla vena renale di sn., con meccanismo a schiaccianoci (nutcraker phenomen), ed aumento della pressione idrostatica sul plesso pampiniforme.

La classificazione più usata è quella di Dubin ed Amelar che prevede:

  • varicocele sub-clinico: non visibile e non palpabile, ma documentabile solo strumentalmente all’ecocolordoppler; varicocele di I grado: evidente alla palpazione, sotto manovra del Valsalva;
  • varicocele di II grado: evidente alla palpazione;
  • varicocele di III grado: palpabile e visibile all’ispezione.

Criptorchidismo

La gonade maschile inizia il suo sviluppo in cavità addominale ed inizia la discesa verso la borsa scrotale dopo il settimo mese di gestazione, raggiungendola in periodo perinatale. Per criptorchidismo s’intende l’arresto della migrazione del testicolo, lungo il normale percorso. Si deve distinguere dal testicolo ectopico (testicolo ritenuto in un tragitto non ordinario), dall’anorchia (mancanza congenita del testicolo) e dal testicolo retrattile (testicolo normalmente disceso nello scroto e che occasionalmente risale sino all’anello inguinale esterno). È presente in circa il 30% dei prematuri, nel 3,4% dei nati a termine (di cui il 10% con criptorchidismo bilaterale e il 3% con entrambi i testicoli assenti), tra lo 0,8 e l’1,5% ad un anno d’età e nello 0,8% nell’adulto.

 Si associa frequentemente all’ernia inguinale per la mancata o incompleta chiusura del processo vaginale che collega la cavità vaginale alla tunica vaginale. L’eziopatogenesi può essere meccanica, endocrina, genetica, ecc. Un difetto di produzione di gonadotropine o della sintesi o dell’attività degli androgeni può influenzare la migrazione dei testicoli; tale ipotesi è avvalorata dalla frequente associazione di sindromi con alterata produzione di gonadotropine o di androgeni con lo stato di criptorchide. In base alla sede può essere: addominale, a monte dell’anello inguinale interno; intracanalicolare, tra l’anello inguinale interno e quello esterno.

L’errore diagnostico più comune è con il testicolo retrattile; bisogna tenere presente che sino ai nove anni il riflesso cremasterico è abbastanza evidente per cui un testicolo risalito nella tasca inguinale superficiale, al di sotto dell’anello inguinale esterno, può essere scambiato con un criptorchidismo . Dai dati statistici esposti ne deriva che la maggior parte dei casi di criptorchidismo si normalizza, con la discesa testicolare nella borsa scrotale entro il primo anno (soprattutto entro i primi tre mesi), senza che succeda niente d’irreparabile per il testicolo.

Torsione del funicolo spermatico

La torsione del funicolo spermatico sul suo asse comporta un arresto, più o meno completo a seconda del grado di torsione, della circolazione arteriosa e venosa. Un sintomo costante è il dolore scrotale che, anche se può essere associato ad altre patologie (traumi, flogosi, neoplasie).

Azoospermia ostruttiva

Il termine azoospermia ostruttiva (OA) indica l’assenza di spermatozoi e di cellule spermatogenetiche nel liquido seminale e nelle urine post-eiaculazione per ostruzione bilaterale delle vie escretrici seminali. Costituiscono il 15-20% di tutte le azoospermie.

Queste forme debbono essere sospettate in presenza di azoospermia o di oligozoospermie severe. Le cause più comuni sono sintetizzate nella Tabella VII, secondo il livello d’ostruzione e la natura congenita o acquisita. Ostruzione intratesticolare.

Costituiscono il 15% delle OA, in percentuale inferiore quelle congenite, sono prevalenti quelle acquisite, secondarie a flogosi o a traumi. 

Ostruzione epididimaria. Sono le forme più comuni. Alcune forme sono congenite, spesso associate a mutazioni genetiche, e comportano disgenesia-agenesia di tratti dell’epididimo.

Quelle secondarie sono dovute a flogosi da germi diversi (Neisseria gonorrhoeae, Chlamydia trachomatis, ecc.) o ad esiti cicatriziali di interventi chirurgici (rimozione di cisti). Ostruzione dei vasi deferenti. Tra le forme congenite, la più frequente è l’assenza congenita bilaterale dei vasi deferenti, mentre, quale forma acquisita, la causa più frequente è la vasectomia, dove questa è una pratica anticoncezionale maschile; una parte dei soggetti sottoposti a vasectomia richiede successivamente il ripristino della continuità dei dotti deferenti, sottoponendosi a una vaso-vasostomia microchirurgica. 

Negli interventi per ernia inguinale, le cicatrici, la reazione fibroblastica al materiale di sutura o legature non corrette possono determinare intrappolamenti del deferente con ostruzione del lume. Ostruzione dei dotti eiaculatori. Costituiscono l’1-3% delle azoospermie ostruttive e riconoscono fra le cause la presenza di cisti, che possono dislocare e comprimere i dotti compromettendone la continuità funzionale, o gli esiti stenotizzanti di uretroprostatiti.

In questi casi, il fruttosio, prodotto prevalentemente nelle vescicole seminali, è ridotto o assente, il volume dell’eiaculato è ridotto ed ecograficamente, spesso, le vescicole seminali sono ectasiche.

La diagnosi si basa sull’anamnesi, sull’esame obiettivo, sulla valutazione del liquido seminale, dei parametri ormonali e, come tecnica di imaging, sulla TRUS (ecografia transrettale della prostata); in alcuni casi è necessaria l’esplorazione chirurgica.

La terapia consiste nel cercare di ripristinare la continuità delle vie seminali; un valido aiuto viene dalla micro-chirurgia ricostruttiva (epididimo-vasostomia, vaso-vasostomia, ecc.), i cui esiti dipendono dal livello di ostruzione e dalle condizioni anatomo-funzionali locali. Quando è opportuno, nella stessa seduta chirurgica si pongono in atto procedure di recupero degli spermatozoi ai fini della fertilizzazione in vitro.

Cause neoplastiche

I tumori testicolari. Sono le neoplasie più frequenti nei maschi dai 15 ai 40 anni ed interessano circa l’1% dei maschi infertili. Nei Paesi occidentali l’incidenza è di 2- 10 nuovi casi per 100.000 maschi per anno, con trend in aumento. Secondo i dati dell’Associazione Italiana dei Registri Tumori (AIRTUM) del 2009, il rischio di avere una diagnosi di tumore del testicolo nel corso della vita (fra 0 e 74 anni) è di 3,7‰ (1 caso ogni 273 uomini), mentre il rischio di morire è dello 0,2‰. Per gli anni 2000-2003, il tasso d’incidenza per ogni 100.000 abitanti per anno, standardizzato secondo la popolazione europea, è stato 2,7, con modeste differenze tra le diverse macroaree italiane. I tumori testicolari possono essere preceduti dal carcinoma in situ (CIS) che se non trattato può evolvere verso il cancro invasivo. 

È stato dimostrato che gli uomini con cancro testicolare hanno una condizione di diminuita fertilità ancor prima della diagnosi.

A questo si deve aggiungere il contributo peggiorativo dato dall’orchiectomia o dall’eventuale chemio o radioterapia. Inoltre, in tali uomini è stata evidenziata una disfunzione delle cellule di Leydig anche nel testicolo controlaterale, configurando una condizione di rischio per ipogonadismo . La microlitiasi testicolare è riscontrata nel 0,6-9% degli uomini sottoposti ad ecografia testicolare e può costituire fattore di rischio sia per il CIS sia per il cancro testicolare. 

Verosimilmente, è legata ad una disgenesia testicolare che porta ad un’ostruzione dei tubuli seminali, danno delle cellule del Sertoli ed esito in calcificazioni. L’EAU (European Association of Urology) raccomanda (Grado B), quale procedura di prevenzione oncologica, la biopsia testicolare o il follow-up ecografico, oltre che l’educazione all’autopalpazione testicolare, nei pazienti con litiasi testicolare associata a storia d’infertilità, di criptorchidismo, di cancro testicolare o con atrofia testicolare; mentre, nessuna procedura è indicata nelle calcificazioni in assenza di fattori di rischio. 

Le malattie neoplastiche possono richiedere trattamenti chirurgici, radianti, chemioterapici ed altri che, direttamente o indirettamente, possono essere causa di danni per il sistema riproduttivo e compromettere la fertilità. In tali casi, nella valutazione pre-trattamento, bisogna tener conto della possibilità della crioconservazione del seme ed offrire l’opportunità al paziente che deciderà in base al suo status psicosocio-sanitario e alle determinazioni per il suo futuro. 

Infertilità immunologica

Questa condizione è diagnosticata quando si rinvengono anticorpi anti-spermatozoi a titolo significativo (ASAs) nel liquido seminale, in assenza di altre cause spiegabili di infertilità. Gli anticorpi antispermatozoo possono essere ricercati mediante test “diretti”, nel plasma seminale, che sono in grado di valutarne l’eventuale presenza sulla superficie del gamete maschile (MAR Test o Immunobead Test) o nel siero di sangue mediante test “indiretto” (Gelatin Agglutination Test, GAT). 

Il MAR Test diretto è quindi in grado di rivelare la presenza nel seme fresco, degli anticorpi della classe IgG adesi alla superficie degli spermatozoi. Nell’IBT vengono utilizzati marker della reazione antigene-anticorpo che sono rappresentati da sferule di latex ricoperte con anticorpi anti-immunoglobuline umane delle classi G, A ed M. Il GAT è un test di flocculazione in gelatina che usa spermatozoi mobili come antigene. 

La presenza degli ASAs va sospettata quando gli spermatozoi presentano scarsa motilità e/o spermioagglutinazioni nel liquido seminale.

La terapia medica prevede un trattamento immunosoppressore con corticosteroidi gravato però dalla possibilità di importanti effetti collaterali (necrosi asettica della testa del femore, infezioni, danni gastrici e muscolari) ben superiori dei benefici. Nei soggetti che presentano titolo di ASAs molto elevato risultano efficaci le tecniche di fecondazione assistita quale la ICSI in cui i tassi di fecondazione e di gravidanza risultano simili in entrambi gruppi di pazienti ASA-positivi e ASA-neg. 

Per una consulenza personalizzata, puoi contattarmi sull’ email: info@fecondazione-salerno.it oppure sul seguente recapito telefonico: 3204046905.

L’ESAME DEL LIQUIDO SEMINALE: IN COSA CONSISTE?

L’ esame del liquido seminale é un’analisi finalizzata a valutare la qualità degli spermatozoi, attraverso la verifica della forma, del numero e della motilità.
Tale esame rappresenta lo strumento principale per la valutazione della fertilità maschile.

Secondo le indicazioni dell’OMS, l’esame deve essere eseguito dopo un’astinenza sessuale che varia da due a sette giorni.

Il liquido seminale va tenuto a temperatura ambiente e portato in laboratorio entro un’ora dalla raccolta.

Inoltre, è fondamentale che la raccolta del liquido seminale avvenga in un contenitore sterile, privo di sostanze che possano essere dannose.

È necessario che il campione stesso, durante il trasporto in laboratorio, non subisca sbalzi della temperatura (20-37 C°).

Quali sono i valori normali secondo il WHO del 2010?

Volume eiaculato
≥ 1.5 mL

Numero totale di spermatozoi
≥ 39 milioni

Concentrazione spermatozoi
≥ 15 milioni/mL

Motilità progressiva
≥ 32%

Motilità totale
≥ 40%

Morfologia
≥ 4%

Leucociti
< 1 milione/ML

Vitalità
≥ 58%

pH
≥ 7.2

Come viene eseguito?

Il campione raccolto viene inizialmente sottoposto a una valutazione macroscopica per la determinazione di alcuni parametri importanti quali volume, colore, aspetto, pH, viscosità e fluidificazione.

Successivamente si valuta la concentrazione, motilità e morfologia degli spermatozoi.

Per quanto concerne la conta nemaspermica, il numero di spermatozoi viene riportato sia come concentrazione (milioni/ml), sia come conta totale (milioni su volume totale) che si riferisce al numero degli spermatozoi nell’intero eiaculato.

In base alla conta nemaspermica il paziente sarà classificato come normozoospermico (eiaculato normale), oligozoospermico (concentrazione spermatica inferiore rispetto ai valori di riferimento), criptozoospermico (assenza di spermatozoi nel campione seminale fresco ma presenti nel pellet del centrifugato), azoospermico (assenza di spermatozoi nell’eiaculato e nel pellet del centrifugato).

La classificazione della motilità nemaspermica viene attualmente distinta in motilità rapidamente progressiva, debolmente progressiva, in situ e immobilità.

Riguardo alla morfoligia viene valutato l’ acrosoma ( testa), il tratto intermedio e la coda.

Gli spermatozoi con acrosoma assente non sono in grado di fertilizzare gli ovociti per impossibilità di interazione con la zona pellucida.

Il tratto intermedio collega la testa con il flagello (la coda) e talvolta si possono osservare inserzioni asimmetriche del tratto intermedio oppure ispessimenti o assottigliamenti.

Il flagello può presentarsi spezzato, doppio, gonfio o arrotolato.

Una percentuale troppo elevata di forme anomale (teratospermia) compromette la fertilità.

Vengono valutati inoltre altri parametri come per esempio la presenza di eventuali cellule epiteliali, emazie, leucociti, elementi immaturi, spermioagglutinazioni (presenza di spermatozoi riuniti insieme a formare grappoli).

Una percentuale maggiore del 10-15% di spermioagglutinazioni è indice di processi infiammatori o immunologici in atto.

Effettuo numerosi esami del liquido seminale e tratto i miei pazienti con terapie mirate e personalizzate.

Consiglio l’esecuzione anche a scopo precauzionale, poiché il numero di spermatozoi nell’eiaculato maschile è andato progressivamente riducendosi fino quasi a dimezzarsi negli ultimi cinquant’anni.

Spesso le cause di una ridotta qualità del liquido seminale può essere relativa ad aumento di problemi alla prostata, aumento di disfunzione erettile, diminuzione del testosterone, esposizione a tossine e pesticidi e altri fattori legati allo stile di vita.

Dott.ssa Silvia Marino, Biologa della Riproduzione e Specialista in Patologia e Biochimica Clinica Ogni giorno aiuto, con successo, aspiranti genitori a coronare il loro sogno mediante consulenze specialistiche e terapie.

Consulenze specialistiche e personalizzate di Coppia-anche a distanza

Per una consulenza personalizzata, puoi contattarmi sull’ email: info@fecondazione-salerno.it oppure sul seguente recapito telefonico : 3204046905.

COME FAVORIRE IL RAGGIUNGIMENTO DELLA GRAVIDANZA?

Da anni seguo moltissime coppie di pazienti il cui desiderio è avere un bambino.

Le consulenze che effettuo sono volte a curare l’aspetto biologico e clinico, in quanto esperta in Biologia della Riproduzione e Specialista in Patologia e Biochimica Clinica.

Creare una nuova vita umana, vederla crescere, partecipare attivamente e con impegno al suo sviluppo e alla sua maturazione gratifica non solo l’istinto, ma anche il cuore e la mente.

Oggi mi propongo di informarvi su alcuni consigli utili, mirati al raggiungimento della gravidanza che potremo approfondire in studio.

Cosa favorisce il concepimento?

● alimentazione corretta
● assumere acido folico
● adeguata valutazione ormonale
● svolgere attività fisica
● assumere integratori e vitamine
● effettuare un consulto specialistico per la fertilità.

Nello specifico, una dieta mediterranea ricca di frutta, verdura, cereali integrali, legumi, olio extra vergine d’oliva e pochi grassi saturi, è indicata per migliore la fertilità sia maschile sia femminile.

Dovete assumere acido folico prima e durante la gravidanza e durante un trattamento di Procreazione Medicalmente Assistita perché favorisce una migliore qualità ovicitaria e previene malformazioni al feto.

La valutazione ormonale consente di aver un’ idea più dettagliata della riserva ovarica e spermatica.

L’attività fisica moderata é consigliata sia nell’uomo che nella donna.

Non bisogna però esagerare perché nelle donne troppa massa muscolare può bloccare l’ovulazione mentre negli uomini, dediti molto spesso alla palestra, l’utilizzo di steroidi anabolizzanti per aumentare la massa muscolare, può diminuire l’attività delle ghiandole sessuali.

Attuo con grande soddisfazione e ottimi risultati terapie e strategie biologiche e cliniche per migliorare l’ outcome riproduttivo, per cui consiglio vivamente una consulenza personalizzata e accurata.

Dunque, cosa evitare quando giunge il desiderio di maternità e di paternità ?

● fumo di sigaretta
● bere alcolici
● stress e inquietudini
● vita sedentaria
● sovrappeso
● infezioni batteriche alle vie uro- genitali

Il fumo di sigaretta sull’ uomo provoca un peggioramento della qualità del liquido seminale in termini di quantità, morfologia e motilità degli spermatozoi probabilmente anche tramite un’alterazione della produzione degli ormoni sessuali.

Il fumo influisce sulla fertilità degli uomini fumatori provocando nello sperma fenomeni di ossidazione da parte dei radicali liberi.

Nelle donne può provocare alterazioni del ciclo mestruale e ormonale, in quanto alcune sostanze quali la nicotina e il benzopirene si depositano del liquido follicolare e nelle ovaie determinando stress ossidativo e peggioramento della qualità ovocitaria.

L’alcol danneggia gli organi riproduttivi, perché interferisce con la produzione di gonadotropine, ormoni che hanno un ruolo fondamentale nel preservare la salute di ovaie e testicoli. Il danno, ovviamente, dipende da cosa e quanto si beve.

Lo stress comporta la produzione dell ‘ormone alfa amilasi e recenti studi hanno messo in luce quando in questi casi la possibilità di avere una gravidanza sia alquanto ridotta.

A ciò si associa un deficit di Prolattina ed LH che possono indurre alterazioni nel ciclo mestruale ed ovulatorio.

Come menzionato in precedenza ,sia per gli uomini, sia per le donne praticare attività fisica insieme ad una corretta alimentazione aiuta la fertilità.

Le infezioni virali e batteriche possono provocare infiammazioni e alterazioni degli apparati riproduttori maschili e femminili, provocando di conseguenza infertilità.

Per una consulenza personalizzata, puoi contattarmi sull’ email: info@fecondazione-salerno.it oppure sul seguente recapito telefonico : 3204046905.