OVODONAZIONE IN ITALIA

Il lavoro che svolgo è la mia grande passione.

Mi regala tante soddisfazioni perché i figli sono un dono prezioso.

Ha anche dei limiti perché spesso le gravidanze tardano ad arrivare.

Occorre sicuramente non mollare e credere in ciò che si desidera.

A volte volere è potere.

Ho deciso di comunicarvi un’alternativa che molti hanno atteso da tempo.

In Italia, fino a pochi anni fa, non era possibile fare ricorso a questa tecnica con donazione di gameti, vietata dalla legge 40 del 2004.

Questo divieto è stato superato soltanto nel 2014 grazie ad una sentenza della Corte Costituzionale, che ha aperto anche nel nostro paese le porta all’ovodonazione per le coppie eterosessuali.

Finalmente possiamo effettuare il percorso di Ovodonazione in Italia, utilizzando ovociti freschi e non congelati.

Gli ovociti prelevati alla donatrice saranno così fecondati con gli spermatozoi del partner maschile per poi attendere la formazione delle blastocisti che saranno poi trasferite nell’utero della ricevente.

Le percentuali di successo sono molto alte perché gli ovociti di partenza sono di ottima qualità e freschi.

Questo percorso è stato organizzato al meglio per tutte le coppie che non vogliono o non possono andare in Spagna.

Cerco di dare il meglio di me stessa e della mia professionalità.

Ciascuno di voi merita attimi di felicità con i propri figli.

Per ulteriori chiarimenti, prenotate una consulenza biologica online o in studio: 320 40 46 905

EIACULAZIONE RETROGATA: DI COSA SI TRATTA?

È molto probabile che qualcuno di voi abbia avuto l’esperienza dell’eiaculazione retrograda, ovvero una condizione in cui lo sperma viene eiaculato indietro nella vescica, invece che all’esterno attraverso il pene.

In condizioni normali, l’eiaculato e l’urina passano ambedue dall’uretra. In prossimità del collo della vescica c’è uno sfintere (muscolo) che serve a trattenere l’urina e ad evitare (contraendosi autonomamente e fisiologicamente) che con l’orgasmo lo sperma vada nella vescica, favorendone il percorso fisiologico nell’uretra.

Quando lo sfintere non funziona bene si ha la cosiddetta eiaculazione retrograda in cui l’eiaculato refluisce nella vescica del tutto o in parte.

QUALI POSSONO ESSERE I SINTOMI?

Il sintomo più evidente di tale condizione è ovviamente l’orgasmo a secco o comunque caratterizzato da poco flusso spermatico.

Di solito tale situazione si accompagna all’aspetto torbido delle urine dovuto alla presenza di liquido spermatico.

Poiché tutto ciò non influenza la sessualità, l’eiaculazione retrograda può passare inosservata o comunque e giustamente non dare alcuna preoccupazione.

SI PUO’ AVERE L’ORGASMO?

La risposta è si.

Coloro che sono affetti da tale condizione possono comunque provare il piacere orgasmico, ma potrebbero avere difficoltà a generare figli, se l’emissione di sperma è completamente azzerata.

QUALI SONO LE CAUSE?

È un problema meramente fisico legato alla funzionalità dello sfintere che determina l’apertura della vescica.

Le cause di ciò sono numerose e molto diverse tra loro, quali l’utilizzo di farmaci per alcune patologie come l’ipertensione, la depressione o quelli per la prostata ingrossata, danni ai nervi dovuti a condizioni neurologiche come lesioni al midollo spinale, sclerosi multipla o malattia di Parkinson oppure determinati dalla chirurga localizzata; anche il diabete può provocare danni ai nervi che influiscono sulla funzionalità di questo muscolo.

SI PUO’ CONCEPIRE?

La risposta è si.

Il primo step è sicuramente quello di effettuare una diagnosi accurata: basta un semplice test delle urine dopo masturbazione per evidenziare in queste la presenza di spermatozoi.

Dopo una dettagliata anamnesi si individua la causa dell’eiaculazione retrograda e si può procedere con la terapia del caso.

Successivamente è possibile rivolgersi ad una biologa della riproduzione qualificata, al fine di sottoporsi ad un percorso di Procreazione Medicalmente Assistita, in cui si posso recuperare gli spermatozoi dalla vescica, lavorarli in laboratorio ed impiegarli per un trattamento di fecondazione in vitro.

Ad oggi, sono nati numerosi bambini mediante tale procedura e attuando l’ICSI (Iniezione Intracitoplasmatica dello spermatozoo).

Io continuo a credere alla Scienza e alla Tecnologia.

Credeteci anche voi.

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LE MALFORMAZIONI UTERINE

Durante lo sviluppo del feto, due piccoli tubi chiamati dotti di Müller, si uniscono a formare un unico organo più grande: l’utero.

Tuttavia, questi tubi a volte non si uniscono al centro del bacino o lo fanno in modo irregolare, ed è in questo caso che si parla di malformazioni uterine.

Queste possono manifestarsi con amenorrea (assenza di ciclo), infertilità e aborto ricorrente.

L’American Society of Reproduction Medicine (ASRM) nella sua classificazione distingue:

· Classe I: agenesia mulleriana e quindi assenza dell’utero.

· Classe II: utero unicorne, ovvero lo sviluppo solo monolaterale dei dotti di Müller

· Classe III: utero di delfo o doppio, cioè due dotti di Müller che non si fondono l’uno nell’altro.

· Classe IV: utero bicorne, che indica la classica figura a cuore.

· Classe V: utero setto, ovvero la fusione dei due dotti è completa ma persiste un setto divisorio. È sicuramente il più comune.

· Classe VI: utero DES

· Classe VII :utero arcuato

Quante di voi, leggendo questo articolo, sono coinvolte in una delle alterazioni?

SINTOMI DELLE MALFORMAZIONI UTERINE

In alcuni casi queste malformazioni non presentano sintomi, per cui alcune donne ricevono la diagnosi nel corso dei controlli ginecologici di routine, mentre altre diventano madri senza sapere di avere una malformazione uterina. In altri casi i sintomi più frequenti delle malformazioni uterine sono:

• Dolore prima o durante le mestruazioni

• Perdite di sangue irregolari al di fuori delle mestruazioni

• Dolore durante i rapporti sessuali

• Aborti ricorrenti

• Parti prematuri

• Anomalie o malformazioni nei neonati

QUALI SONO LE CAUSE?

Le malformazioni uterine insorgono durante la gestazione e i fattori principali sono le cause genetiche o i fattori ambientali prenatali, in particolare l’esposizione della madre alle radiazioni, l’infezione intrauterina durante la gravidanza o il contatto con sostanze tossiche.

COME POSSONO ESSERE DIAGNOSTICATE?

Attualmente esistono diverse tecniche di osservazione dell’utero che consentono di rilevare le anomalie, come l’ecografia in 3D, l’isteroscopia, l’isterosonografia, la risonanza magnetica o anche la laparoscopia.

QUALI SONO I POSSIBILI TRATTAMENTI?

A volte è possibile effettuare un intervento chirurgico sulle malformazioni al fine di ridurre eventuali occlusioni nell’utero, rimuovere un canale vaginale o congiungere due cavità uterine in una sola. L’operazione viene effettuata tramite chirurgia endoscopica o chirurgia addominale a cielo aperto.

Molte donne affette da malformazioni uterine ricorrono invece a tecniche di riproduzione assistita allo scopo di migliorare la propria fertilità ed essere in grado di avere figli.

La tecnica più comune in questi casi è la fecondazione in vitro.

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L’UTILIZZO DELL’INOSITOLO

Tra le donne, il motivo più frequente di mancato concepimento è rappresentato dalla Sindrome dell’Ovaio Policistico (PCOS), una complessa patologia che colpisce fra il 5% e il 10% di queste in età riproduttiva, caratterizzata da diverse alterazioni endocrinologiche e metaboliche (in particolare dall’aumento degli androgeni, gli ormoni maschili) e associata all’insulinoresistenza.

Ad oggi, le cure per la PCOS sono diverse e utili a rimuovere solo uno o alcuni sintomi della patologia: dalla pillola anticoncezionale, se non si desidera una gravidanza, ai numerosi farmaci insulinosensibili che normalizzano il ciclo mestruale, riducono gli androgeni e migliorano la funzione riproduttiva, sia in senso di ripristino dell’ovulazione spontanea che di miglior risposta alle terapie di induzione dell’ovulazione.

Numerose ricerche dimostrano come l’inositolo sia in grado di migliorare la qualità ovocitaria nelle donne, e quindi la fertilità.

La metà delle pazienti che assume l’inositolo, infatti, torna ad ovulare dopo circa un mese e l’88% ripristina il ciclo mestruale dopo 3 mesi.

Inoltre, 7 donne su 10 tornano ad avere un ciclo mestruale regolare e il 55% riesce ad ottenere una gravidanza spontanea.

QUAL È IL RUOLO DELL’INOSITOLO?

Ha un effetto positivo sulla funzionalità ovarica ed è utile a correggere i disturbi endocrino­metabolici legati alla sindrome dell’ovaio policistico, quali #iperandrogenismo, #iperglicemia, aumentata resistenza insulinica.

È una molecola che si trova in diverse forme, ma solo due di queste hanno dimostrato dagli studi clinici di essere mediatrici dell’insulina e quindi utili per curare la policistosi ovarica: il Myo­inositolo (MI) e il #D­chiro­inositolo (DCI) in donne con PCOS in sovrappeso od obese.

DOVE SI TROVA L’INOSITOLO?

Si trova in natura in alcuni alimenti, tra cui legumi, cereali, frutta. In particolare, la lecitina di soia ne è ricca come anche il riso integrale, il grano saraceno, l’avena e l’orzo.

Anche la carne, sia di bovino che di maiale, contiene una certa quantità di inositolo.

I frutti con maggiore concentrazione di tale sostanza sono le arance, i pompelmi e le fragole, piselli e cavolfiore tra le verdure.

È consigliabile, quindi, seguire una dieta equilibrata che preveda tali alimenti, abbinata ad attività fisica.

EFFETTI SUGLI OVOCITI E SUGLI EMBRIONI

Alcune ricerche scientifiche hanno suggerito che l’assunzione di inositolo per almeno un mese prima del trattamento di Procreazione Medicalmente Assistita migliora la qualità degli ovociti e degli embrioni prodotti con le tecniche di Fecondazione in Vitro.

ALTRI POSSIBILI EFFETTI

Il settore di ricerca più all’avanguardia riguarda i possibili effetti dell’assunzione periconcezionale di inositolo, da un po’ prima del concepimento fino alle prime settimane di gravidanza, sulla salute del feto e della mamma in gravidanza.

Inoltre, potrebbe esserci un effetto positivo dell’inositolo rispetto alla prevenzione del diabete gestazionale e al mantenimento di un buon equilibrio metabolico durante la gravidanza.

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LA FERTILIZZAZIONE IN VITRO

La fertilizzazione in vitro può essere utilizzata quando la gravidanza tarda ad arrivare e per trattare l’infertilità dovuta a oligospermia, presenza di anticorpi anti-spermatozoo, disfunzione tubarica o endometriosi, così come in caso di infertilità a eziologia sconosciuta.

La tecnica in genere consiste in:

• Stimolazione ovarica controllata: si possono utilizzare il clomifene più gonadotropine, oppure solo gonadotropine. Spesso si utilizza un agonista o un antagonista dell’ormone di rilascio delle gonadotropine (gonadotropin-releasing hormone, GnRH) per prevenire un’ovulazione precoce. Dopo aver raggiunto un sufficiente sviluppo dei follicoli, viene somministrata la gonadotropina corionica umana per completare la maturazione follicolare e innescare l’ovulazione. In alternativa, può essere usato un agonista dell’ormone di rilascio delle gonadotropine (gonadotropin-releasing hormone, GnRH) per innescare l’ovulazione in donne ad alto rischio di sindrome da iperstimolazione ovarica.

• Recupero degli ovociti: circa 34 h dopo la somministrazione dell’hCG, gli ovociti vengono recuperati tramite puntura diretta del follicolo, solitamente per via transvaginale sotto guida ecografica o, meno frequentemente, per via laparoscopica. In alcuni centri, il ciclo naturale della fecondazione in vitro (in cui un singolo ovocita viene recuperato) viene offerto come alternativa; i tassi di gravidanza con questa tecnica sono inferiori rispetto a quelli con il recupero di più ovociti, ma i costi sono più bassi e i tassi di successo sono in aumento.

• Fertilizzazione: gli ovociti vengono inseminati in vitro. Il campione di eiaculato viene generalmente lavato diverse volte con un mezzo di coltura tissutale ed è centrifugato per recuperare gli spermatozoi mobili, che vengono poi aggiunti al mezzo che contiene gli ovociti. A questo punto, si può effettuare un’iniezione intracitoplasmatica di sperma, l’iniezione di un singolo spermatozoo in ciascun ovocita, in particolare se la spermatogenesi è anormale nel partner maschile.

• Coltura embrionaria: dopo che gli spermatozoi vengono aggiunti, gli ovociti vengono posti in coltura per circa 2-5 giorni.

• Trasferimento dell’embrione: possono essere trasferiti in utero uno o due embrioni. 

La scelta viene effettuata dal ginecologo, embriologo e ovviamente dalla volontà della coppia. 

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INSUFFICIENZA OVARICA PRIMARIA

In caso di insufficienza ovarica primaria, le ovaie smettono di funzionare normalmente nelle donne che hanno meno di 40 anni. 

Questo disturbo si chiamava insufficienza ovarica precoce o menopausa precoce; tuttavia, questi termini sono fuorvianti perché alle donne con insufficienza ovarica primaria non sempre si interrompono le mestruazioni e le loro ovaie non sempre smettono di funzionare del tutto. 

Così, una diagnosi di insufficienza ovarica primaria non sempre significa che la gravidanza è impossibile. Inoltre, questo disturbo non implica che una donna sta invecchiando prematuramente; significa solo che le sue ovaie non funzionano più normalmente.

In caso di insufficienza ovarica primaria, le ovaie smettono di rilasciare ovuli o li rilasciano solo in modo intermittente. Smettono di produrre gli ormoni estrogeno, progesterone, e testosterone o li producono solo in modo intermittente.

Come si effettua la diagnosi? 

• Livelli di ormone follicolo-stimolante (follicle-stimulating hormone, FSH), ormone anti-mulleriano (AMH) ed estradiolo

• Test di funzionalità tiroidea, glicemia a digiuno, elettroliti, creatinina

• In alcuni casi test genetico

Circa il 5-10% delle donne con insufficienza ovarica primaria alla fine rimane incinta da sola, senza trattamenti di fertilità.

Per le donne che desiderano una gravidanza, un’opzione può essere la fecondazione in vitro di ovociti da donatrice con estrogeni esogeni e un progestinico, che consentono all’endometrio di sostenere l’embrione trasferito. 

L’età della donatrice dell’ovocita è più importante dell’età della destinataria.

Questa tecnica ha una buona probabilità di successo, ma anche senza questa alcune donne con diagnosi di insufficienza ovarica primaria ottengono la gravidanza.

Nessun trattamento è stato dimostrato essere in grado di aumentare il tasso di ovulazione o ripristinare la fertilità in donne con insufficienza ovarica primaria.

Altre opzioni per le donne che desiderano una gravidanza comprendono la crioconservazione di tessuto ovarico, ovociti o embrioni e la donazione di ovociti ed embrioni.

Queste tecniche possono essere utilizzate prima o durante l’insufficienza ovarica, specialmente nelle pazienti affette da cancro. 

Le ovaie neonatali e adulte possiedono un piccolo numero di cellule staminali oogoniali che può stabilmente proliferare per mesi e produrre ovociti maturi in vitro; queste cellule possono essere usate per sviluppare trattamenti di sterilità in futuro. 

Il trapianto di tessuto ovarico ha avuto successo e, in futuro, può diventare un’opzione per le donne che non sono più fertili.

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LE INFEZIONI VAGINALI

Le infezioni vaginali sono causate da microrganismi e per prevenirle è possibile prendere precauzioni, come indossare biancheria intima non aderente e traspirante, per ridurre il rischio di contrarle.

Solitamente le infezioni causano una secrezione accompagnata da prurito, arrossamento e talvolta bruciore e crampi.

I medici esaminano un campione di secrezione vaginale o cervicale per individuare eventuali microrganismi causa di infezioni.

Il trattamento dipende dalla causa.

Le infezioni vaginali comprendono:

  • Vaginosi batterica
  • Vaginite da Trichomonas
  • Infezioni da lieviti (candidosi)

Le infezioni vaginali possono provocare fastidio, secrezioni e odore dalla vagina. Tuttavia, tali sintomi non indicano necessariamente la presenza di un’infezione ma, al contrario, possono essere conseguenza di altre condizioni da cui è affetta la vagina stessa.

Ad esempio, agenti chimici o altre sostanze (come prodotti per l’igiene, schiume da bagno, detersivi, schiume e gel contraccettivi, biancheria sintetica) possono irritare la vagina provocando secrezioni e fastidio. L’infiammazione che ne risulta è detta vaginite (infiammatoria) non infettiva.

Le secrezioni vaginali possono essere causate da un disturbo che interessa altri organi riproduttivi, piuttosto che la vagina. Ad esempio, possono essere causate da certe infezioni sessualmente trasmesse come l’infezione da clamidia o la gonorrea.

I batteri responsabili di queste patologie possono diffondersi dalla vagina alla cervice (la porzione inferiore e ristretta dell’utero che si apre nella vagina) e all’utero, causando la malattia infiammatoria pelvica. Un’altra causa di secrezione vaginale è l’herpes genitale, che provoca l’insorgenza di vesciche sulla vulva (la zona circostante l’orifizio vaginale), nella vagina e sulla cervice.

Alcune condizioni aumentano il rischio:

Ridotta acidità (aumento del pH) della vagina: se l’acidità della vagina diminuisce, il numero di batteri protettivi (lattobacilli) che vivono normalmente nella vagina diminuisce, mentre aumenta quello dei batteri che possono provocare infezioni, causando a volte vaginosi batterica.

Scarsa igiene: se l’area genitale non viene tenuta pulita, il numero dei batteri aumenta, facilitando l’insorgenza di infezioni.

Biancheria intima aderente, non traspirante: questo tipo di biancheria può intrappolare l’umidità che facilita la crescita di batteri e lieviti.

Danno ai tessuti: se i tessuti pelvici sono danneggiati, le difese naturali dell’organismo si indeboliscono. Il danno può derivare da tumori, interventi chirurgici, radioterapia o anomalie strutturali come difetti genetici o fistole. Le fistole sono connessioni anomale fra organi che, ad esempio, possono lasciar entrare nella vagina il contenuto dell’intestino (batteri inclusi).

Irritazione: l’irritazione dei tessuti vaginali può comportare lacerazioni o afte, che consentono a batteri e lieviti di entrare nel torrente ematico.

Non vi sono prove chiare che dimostrino che le infezioni vaginali abbiamo conseguenze sulla fertilità, ma è risaputo che le donne che tendono a soffrire di infezioni vaginali frequenti e/o non trattate adeguatamente, hanno un maggior rischio di presentare infezioni nella parte superiore dell’apparato genitale (endometrio e tube di Falloppio) a causa di una progressione ascendente dei batteri dalla vagina.

Nelle tube di Falloppio avviene l’incontro tra ovocita e spermatozoo, si produce la fecondazione e le prime fasi di sviluppo embrionale fino all’annidamento nell’utero.

Le infezioni tubariche possono causare infertilità per ostruzione permanente delle tube a causa dell’infezione stessa.

Come effettuare la diagnosi?

Esame e coltura di un campione della secrezione e/o del liquido cervicale. Le ragazze e le donne che presentano secrezioni vaginali accompagnate da prurito o altri sintomi, come arrossamento, bruciore o dolore durante il rapporto sessuale devono consultare subito una specialista. 

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L’INFLUENZA DELLA VITA FETALE SULLA SPERMATOGENESI

Diversi studi epidemiologici hanno riportato un declino temporale nella produzione di spermatozoi e un progressivo peggioramento nella qualità del liquido seminale. 

Un evento critico nello sviluppo del testicolo è la formazione dei tubuli seminiferi che vede, in primis, il coinvolgimento delle cellule del Sertoli: queste circondano le cellule germinali che sono migrate nella gonade e organizzano il successivo differenziamento delle strutture testicolari.

Altro evento precoce nella vita fetale è il differenziamento delle cellule di Leydig che, negli spazi interstiziali tra i tubuli seminiferi, producono il testosterone utile a definire la mascolinizzazione. 

Il testosterone svolge però anche un ruolo locale sullo sviluppo del testicolo e in particolare esercita un uno stimolo proliferativo indiretto sulle cellule del Sertoli: è noto, grazie a modelli sperimentali, che l’assenza del recettore per gli androgeni o una inappropriata azione del testosterone causano una riduzione del numero di cellule del Sertoli, benché queste cellule durante la vita fetale non esprimano direttamente il recettore per il testosterone.

La grande importanza della proliferazione delle cellule del Sertoli durante la vita fetale risiede nel fatto che il numero di spermatozoi che saranno prodotti nella vita adulta è criticamente determinato dal numero di cellule di Sertoli presenti nel testicolo, poiché queste cellule possono supportare solo un numero finito di cellule germinali nella maturazione fino a spermatozoo.

La proliferazione delle cellule del Sertoli è limitata a tre fasi:

1) Vita fetale

2) Periodo peri/neonatale

3) Pre-pubertà

È dunque probabile che lo stile di vita e i fattori ambientali che contraddistinguono queste fasi della vita possano interferire con la proliferazione delle cellule del Sertoli e quindi sulla spermatogenesi successiva, con particolare riferimento al numero di spermatozoi che saranno prodotti dal testicolo.

Lo stile di vita materno durante la gravidanza è ritenuto uno dei fattori che può ripercuotersi sostanzialmente sulla conta spermatica dei figli maschi; il meccanismo più probabile di azione è proprio quello mediato dalla riduzione delle cellule del Sertoli.

Nella vita adulta gli spermatozoi originano dalle cellule staminali spermatogoniali che, a loro volta, originano dalle cellule germinali presenti nella vita fetale. 

Si comprende, quindi, come per le cellule del Sertoli, l’importanza di avere un numero adeguato di cellule germinali che differenzino in modo normale al fine di garantire una spermatogenesi idonea.

L’aumento delle patologie testicolari associate a ipoproduzione di spermatozoi è contemporaneo al notevole cambiamento dello stile di vita delle società occidentali, della dieta, del tipo e della quantità di attività fisica, dell’esposizione a contaminanti ambientali. 

È difficile studiare separatamente questi fattori che impattano sulla vita quotidiana in maniera contestuale; questo è il principale motivo per cui, nonostante le numerose previsioni e supposizioni, la conoscenza dei lori effetti sulla spermatogenesi sia a oggi relativamente scarsa. 

Alcuni aspetti hanno tuttavia avuto un’attenzione piuttosto costante nella ricerca epidemiologica. 

Di seguito vi riporto i principali:

  • Obesità materna: il potenziale riproduttivo dei figli maschi di donne obese pare essere compromesso in virtù di una riduzione osservata in termini di volume dell’eiaculato, percentuale di spermatozoi mobili, livelli di testosterone ed FSH. 

Mancano tuttavia studi definitivi in quanto l’unica osservazione statisticamente significativa è relativa a una diminuzione dei livelli di inibina B legati all’aumento dell’Indice di Massa Corporea (body mass index, BMI) materno.

Il meccanismo proposto porterebbe a una riduzione delle cellule del Sertoli, con gli effetti sulla spermatogenesi discussi in precedenza. 

Molti contaminanti ambientali, come i composti organoclorurati quali vari pesticidi e policlorobifenili (PCB), sono lipofili e si accumulano nel tessuto adiposo. In teoria, le donne obese possono presentare un accumulo eccessivo di questi composti, che a loro volta possono essere mobilitati verso il feto/neonato durante la gravidanza e l’allattamento.

  • Diossina: si tratta di un sottoprodotto estremamente tossico dei processi di combustione ed è in grado di interagire con il recettore per gli idrocarburi arilici AHR. 

Comportandosi da fattore di trascrizione genico, comporta un’anomala modulazione dell’omeostasi cellulare, con effetti devastanti sulla cellula stessa. 

È riportato che i figli maschi di donne esposte agli effetti dell’incidente di Seveso del 1976 abbiano una conta spermatica ridotta. 

Questo effetto non si è osservato invece sulla conta spermatica di soggetti adulti direttamente esposti alla diossina. 

È possibile che l’azione del recettore AHR, stimolata dalla diossina, vada ad antagonizzare l’attività del recettore per gli androgeni comportando una riduzione del numero di cellule del Sertoli nel testicolo fetale. 

Lo stesso effetto della diossina può essere arrecato da sostanze che agiscono in modo analogo, quali gli idrocarburi aromatici policiclici o i componenti dei fumi di combustione e dei gas di scarico.

  • Fumo di sigaretta: si tratta di un fattore di rischio noto. 

La conta spermatica dei figli di madri fortemente fumatrici è ridotta fino al 40% rispetto ai controlli. 

Viceversa, la qualità degli spermatozoi prodotti sembra non essere influenzata; questa osservazione è compatibile con l’ipotesi che il meccanismo di azione sia legato alla deplezione delle cellule del Sertoli e quindi alla riduzione numerica degli spermatozoi che possono essere prodotti nella vita adulta. Probabilmente gli idrocarburi policiclici aromatici contenuti nel fumo di sigaretta esercitano il loro effetto negativo in modo analogo alla diossina sul recettore AHR.

  • Consumo di carni: uno studio americano ha mostrato come un elevato consumo di carni da parte di donne gravide sia associato a una riduzione della conta spermatica dei figli maschi.

Il motivo potrebbe essere ascritto ancora una volta all’attivazione del recettore AHR, ma anche all’eccessiva esposizione ai grassi saturi presenti nella carne o agli steroidi anabolizzanti utilizzati per molti anni negli USA per accrescere rapidamente i vitelli.

  • Caffè: Ramlau-Hansen ha evidenziato una marcata tendenza alla riduzione di volume seminale, testosterone circolante e inibina B nei figli di donne che facessero uso di caffeina durante la gravidanza.

In particolare, figli di madri che consumavano 4-7 tazze di caffè al giorno avevano livelli significativamente inferiori di testosterone rispetto ai figli di madri che consumavano da 0 a 3 tazze di caffè al giorno. 

Curiosamente, lo stesso studio ha sottolineato come l’esposizione alla caffeina nei maschi in età adulta sia invece associata all’innalzamento dei valori di testosterone.

Dunque il problema dell’infertilità maschile può dunque essere affrontato secondo molteplici approcci.

Ho ritenuto opportuno informarvi su tale argomento in quanto recentemente vi sono state pubblicazioni scientifiche relative ad alcuni studi che fanno intendere come lo stile di vita materno durante la gravidanza possa influenzare la fertilità futura, in età adulta, del feto maschile.

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SINDROME DI TURNER E POSSIBILITÀ DI DIVENTARE MAMME

La sindrome di Turner (ST) è una malattia congenita caratterizzata da un insieme di caratteristiche fisiche e disfunzioni di organo legate all’assenza totale o parziale di uno dei due cromosomi sessuali, con presenza di una sola copia del cromosoma X o ad alterazioni strutturali di uno di essi.

Mentre la maggior parte delle persone hanno nel loro corredo genetico 46 cromosomi di cui 2 cromosomi sessuali (46,XX nelle femmine e 46,XY nei maschi), le persone con ST solitamente ne hanno solo 45 (45,X).

L’anomalia cromosomica può, tuttavia, essere presente solo in alcune cellule dell’organismo e non in tutte: in questo caso si definisce sindrome di Turner con mosaicismo dei cromosomi.

Nelle bambine con mosaicismo, i sintomi sono più lievi.

La ST è presente approssimativamente in 1 su 2000-2500 femmine nate vive.

Inoltre sembra che il 3% delle femmine concepite siano affette da ST e il 10% degli aborti spontanei siano portatori di un cariotipo 45,X.

Quindi, sopravvive solo 1 su 1000 embrioni con tale cariotipo.

Dal punto di vista riproduttivo, le donne affette da tale patologia sono soggette a fallimento ovarico precoce (premature ovarian failure, POF).

L’#ipogonadismo primario (disgenesia gonadica) è una delle caratteristiche fenotipiche più comuni della ST, e la ST è una delle cause più comuni di POF.

Le donne con fenotipo più marcato non sviluppano il seno e presentano #amenorrea primaria.

Circa il 15-30% delle donne con ST possono presentare uno sviluppo iniziale del seno seguito da un arresto della pubertà, o completare la pubertà ma sviluppare poi un’amenorrea secondaria.

Una piccola percentuale (circa il 10%) di donne presentano uno sviluppo puberale normale e mestruazioni regolari.

Questi fenotipi meno marcati di POF sono più comuni in ragazze con mosaicismo rispetto a quelle con genotipo 45,X, e solo il 2% delle donne con ST riesce a concepire spontaneamente.

La condizione di amenorrea primaria o dell’arresto della pubertà si presenta in circa il 90% delle donne con ST.

A causa della varietà delle disfunzioni gonadiche, può essere difficile predire quale ragazza con ST non svilupperà la pubertà, quale entrerà spontaneamente nel telarca o anche nel menarca.

Dai dati della letteratura, la concentrazione dell’ormone anti-Mulleriano (AMH) sembra essere utile per predire la funzionalità ovarica nel breve -medio periodo.

QUANDO CONGELARE GLI OVOCITI?

Alcune adolescenti postpuberi o donne con ST con cariotipo a mosaico possiedono una riserva ovarica sufficiente per produrre ovociti se sottoposte a induzione della crescita follicolare multipla (ICFM).

Gli ovociti possono essere così recuperati con tecniche di PMA ed essere congelati con una tecnica denominata vitrificazione.

Successivamente, gli ovociti possono essere scongelati ed inseminati in vitro per ottenere embrioni da trasferire in cavità uterina.

È stato ipotizzato che non tutti gli ovociti recuperati saranno idonei al congelamento e ad essere fertilizzati o che non tutti gli embrioni si svilupperanno con un cariotipo normale.

Oggi è possibile congelare anche il tessuto ovarico, anche se ancora in via sperimentale.

L’efficacia di questo approccio nella ST non è ancora stata validata, ma potrebbe essere utilizzata anche in ragazze prepuberi con ST che presentino un declino della riserva ovarica tale da non poter attendere l’insorgere della pubertà per congelare gli ovociti.

In letteratura è suggerito che la conta dei follicoli antrali e i valori serici di FSHe AMH possano dare un’indicazione per selezionare le ragazze da sottoporre a congelamento del tessuto ovarico piuttosto che al congelamento degli ovociti.

POSSIBILITÀ DI DIVENTARE MAMMA CON AMENORREA?

Si, mediante il percorso di Ovodonazione.

Le donne con ST possono ottenere una gravidanza con ovociti donati (PMA eterologa).

Studi recenti hanno infatti messo in luce che la risposta endometriale delle donne con ST ai trattamenti estrogenici e progestinici risulta essere normale e quindi si può avere una gravidanza.

In conclusione, nelle giovani, in cui la funzione ovarica è ancora presente, potrebbe essere utile una consultazione con una Biologa della Riproduzione per illustrare la prognosi relativamente alla loro fertilità.

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FECONDAZIONE ETEROLOGA: TRA SOGNI E TIMORI

Moltissime coppie lottano per diventare Mamma e Papà.

Un percorso fatto di tanti, immensi, “momenti di passaggio”, dalla PMA omologa a quella eterologa. 

Spesso viene vissuta come una ‘resa’ alla propria incapacità di procreare.

La coppia, spesso, si trova a dover elaborare un secondo lutto.

Non solo quello nei confronti della propria capacità di procreare, ma anche quello nei confronti del proprio DNA.

Si tratta di un processo faticoso, che trascina con sé un universo di paure.

Sono emblematici, in questo senso, i sogni comuni a tante donne che si avvicinano alla PMA.

Sognano di prendersi cura di animali bisognosi, spesso piccoli gattini feriti o abbandonati.

Oppure di essere “tradite o lasciate” dal marito nel passaggio dalla PMA omologa all’ovodonazione.

Soprattutto quando tale passaggio risulta essere più faticoso emotivamente.

“Non mi somiglierà”: È questo uno dei primi timori di fronte alla scelta eterologa.

Alternato a quello che non somiglierà all’uomo che ama (nel caso di PMA eterologa con donazione di seme maschile).

La paura di non riconoscere il proprio figlio svanisce, la maggior parte delle volte, dopo la prima ecografia.

Tende a diventare una sfumatura.

Grazie alle risorse interiori della donna e della coppia che possono fare da cuscinetto e supporto a tutti questi vissuti.

Senza dimenticare l’epigenetica, il bagaglio di caratteristiche “aggiunte” che prescindono dal patrimonio genetico.

I bambini cresciuti nel pancione delle loro mamme finiscono per somigliare loro comunque.

Senza dimenticare il profondo lavoro psichico di accoglienza e intimità che ogni mamma pian piano crea con il proprio bimbo.

Inizia a vederlo in ecografia e man mano sente che è davvero lì, che è arrivato, che si è riusciti a realizzare quel progetto generativo.

Donna e uomo hanno un modo diverso di sentire l’eterologa: la donna, anche inconsciamente, sente molto il peso del fallimento maschile.

E questo può portare a rabbia, frustrazione e abbandono.

Quando invece è lei stessa ad avere problemi di fertilità, è più frequente che abbia bisogno di elaborare quello che vive come un tradimento.

Sente di non essere riuscita a funzionare e si colpevolizza.

Oltre al fatto che è sempre la donna a doversi sottoporre a importanti cure mediche e indagini specialistiche.

Questo non fa che intensificare ancora di più le emozioni di ‘sacrificio’ psicofisico legate alla PMA.

L’uomo tendenzialmente vive la PMA più serenamente. Anche se c’è una grande variabilità, in base alla personalità e alle dinamiche di coppia.

Nell’uomo con problemi di fertilità il dolore si muove su due binari.

Da una parte la frustrazione di non poter diventare padre, dall’altra quella di non riuscire a far diventare madre la propria compagna.

Per questo spesso l’uomo vive l’approdo all’eterologa quasi come una liberazione. 

Ed è più difficile che la avverta come un tradimento.

Io credo che senza l’unione di entrambi, della coppia, di sicuro i gameti non riuscirebbero ad incontrarsi.

Il fulcro di tutto è l’amore.


Seppure siano figli di eterologa, la bellezza del desiderio di genitorialità che induce a cercare una gravidanza attraverso la scienza è che dal momento in cui quel test casalingo risulta positivo, da quando le Beta hCG sono positive, anche il genitore ‘sterile’ ama il bambino. 

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